Nasce a Lecce IReNeri, progetto per la lotta alla contraffazione e l’emersione dall’illegalità rivolto ai venditori ambulanti di origine africana, i quali si impegnano a commercializzare gli accessori in pelle realizzati dalle detenute di Borgo San Nicola aderenti al progetto Made in Carcere. Un esperimento di impresa etica che ha ricevuto l’apprezzamento delle Istituzioni e che può essere esportato in altre città italiane
Chiunque ha l’abitudine di fare ogni tanto una passeggiata a Lecce avrà sicuramente notato l’elevato numero di venditori ambulanti di origine africana che nel centro cittadino propongono, in bella vista sulle loro bancarelle o su tessuti adagiati sull’asfalto o sui marciapiedi, capi d’abbigliamento, scarpe, occhiali, accessori e dvd a prezzi stracciati. Be’, è importante sapere (ed è anche facile da immaginare) che buona parte di quella merce in bella vista è frutto di un lavoro di contraffazione, compiuto dalla criminalità organizzata, che ogni anno causa al nostro Paese un danno pari a 2 miliardi di euro di mancate entrate fiscali, oltre a 4 miliardi di mancati guadagni da parte di produttori e commercianti onesti nei settori abbigliamento, accessori, cd/dvd e software, settori nei quali sono andati persi 100mila posti di lavoro. In particolare nella sola città di Lecce il valore della merce sequestrata dalle Forze dell’ordine nel 2014 ammonta a 3 milioni di euro.
È per porre rimedio a questa situazione di illegalità diffusa e per offrire una prospettiva migliore a quei venditori ambulanti che vogliono lavorare in regola (ricordiamo che chi vende merce contraffatta rischia il decreto di espulsione con accompagnamento alla frontiera e la revoca del permesso di soggiorno, oltre a una condanna fino a 8 anni per ricettazione e fino a 4 anni per introduzione e vendita di prodotti con marchio contraffatto) che nasce IReNeri, un’impresa etica nata da un’idea di Salvatore Centonze con la collaborazione di Made in Carcere di Luciana Delle Donne, che coinvolge circa venti uomini e donne di origine africana (perlopiù senegalesi) i quali si occuperanno di vendere accessori quali cinture, portacellulare, borse e bracciali, realizzati dalle detenute di Borgo San Nicola. I prezzi? Si va dai 3 euro per un portachiavi ai 90 euro per una borsa femminile. Tutti i prodotti sono realizzati con materiali di riuso e pelli prodotte e lavorate in Italia secondo i più alti standard di qualità e sicurezza.
Lotta alla contraffazione, sostenibilità, inclusione sociale e marketing: IReNeri è tutto questo e di più. Il progetto ha ricevuto l’encomio di diversi rappresentanti delle istituzioni, come il presidente nazionale di Confcommercio Carlo Sangalli, il prefetto di Lecce Giuliana Perrotta e il vicesindaco di Lecce Carmen Tessitore, nonché di numerosi testimonial che hanno voluto manifestare la propria solidarietà e il proprio sostegno come Bandadriatica, Fabbrica dei Gesti, Movidabilia, Salento Rugby e New Basket Lecce, senza dimenticare due salentini d’adozione come la scrittrice Catena Fiorello e il presentatore Gianni Ippoliti che hanno letteralmente sposato la causa.
Vucumprà? Sì, ma a norma di legge
A margine della presentazione di IReNeri il suo ideatore, l’avvocato Salvatore Centonze, ha spiegato come è nata l’iniziativa e cosa lo ha spinto a desiderare prima e realizzare poi questo progetto. “Per lavoro ho a che fare ormai da anni col mondo dell’immigrazione -ha esordito Centonze- e di riflesso anche con quello della contraffazione. Sentivo quindi l’esigenza di porre rimedio a questa situazione di illegalità ma anche di povertà”. Ed in questo scenario, l’incontro con Luciana Delle Donne sembra essere il migliore degli incastri possibili: “A loro mancava un canale distributivo adeguato a fronte di una disponibilità elevata di merce e noi eravamo nella esatta situazione opposta, con tanti ragazzi che rappresentavano un’ottima manodopera ma la cui prospettiva era la vendita solo di merce contraffatta, non potendo accedere, per mancanza di requisiti o di ingenti somme di denaro da investire, alla distribuzione legale”.
IReNeri punta a superare il classico concetto di ‘mercatino multietnico’, che rischia a lungo andare di ghettizzare il venditore e i suoi prodotti: “Vorremmo far sì che la gente veda il vucumprà non come seccatore petulante da cui acquistiamo la merce per compassione o per sfinimento, ma creare un vero e proprio commercio legale”. Dal punto di vista burocratico, Centonze chiarisce che tutti i venditori aderenti all’iniziativa (finora circa 20 unità, tutti in possesso di regolare permesso di soggiorno e licenza di vendita), saranno dotati di una propria partita Iva: “I ragazzi acquisteranno la merce da una società a responsabilità limitata in conto vendita: questo consentirà loro di non affrontare immediatamente delle spese e di pagare al fornitore solo la parte di merce effettivamente venduta”.
A poche ore dalla presentazione, l’avvocato annuncia che alcuni esercizi commerciali di Lecce e non hanno già apprezzato e sposato in pieno il progetto, spiegandone i motivi: “Siamo stati contattati da una libreria in centro a Roma, che entusiasta ci ha chiesto di esporre la merce IReNeri. Stesso discorso per Lazzaretti, uno tra i negozi più antichi e raffinati nel centro storico di Lecce, che ha dedicato un’intera vetrina ai nostri prodotti. Sono contento di questo perché forse si è già capito uno dei sensi principali del nostro lavoro, e cioè unire il venditore ambulante che abbandona la contraffazione al commerciante che non subisce più i danni derivanti dal commercio illegale”.
Ma gli obiettivi di IReNeri e del suo ideatore non finiscono qui. Anzi, a sentire i prossimi passi, le ambizioni sembrano essere ancora più grandi: “Proporremo alle ambasciate e ai consolati di organizzare riunioni e convegni con le varie associazioni per mettere loro al corrente della nostra iniziativa, della possibilità che possiamo offrire. In effetti -conclude Centonze- quello de IReNeri è un format che può essere esportato e adattato ad altre realtà italiane. E il plauso ricevuto dalle autorità di Lecce ci ha dimostrato che le istituzioni hanno gradito il progetto”.
Ugo Tramacere