Anche in Salento sono tanti gli appassionati di soft air o tiro tattico sportivo, basato sulla simulazione di attività belliche attraverso l’uso di armi ed equipaggiamenti espressamente realizzati allo scopo. Si incontrano la domenica mattina (qualche volta di notte) in boschi, masserie o cave, e partecipano a competizioni regionali e nazionali. Uno sport a tutti gli effetti, in cui il gioco di squadra è la chiave della vittoria sul campo di battaglia
Alzi la mano chi da bambino o da ragazzo non ha giocato almeno una volta alla guerra. Ci si incontrava tra amici e compagni di scuola nei pomeriggio o la domenica mattina nelle campagne o nei boschi appena fuori dal paese e nei cortili e nelle strade dei centri storici: una bastone diventava un fucile, una sasso una pistola, per i più fortunati c’erano le armi giocattolo, comprate alle bancarelle delle feste o nei pochi negozi specializzati. L’importante era divertirsi, stare in compagnia all’aria aperta, “sfidarsi”, in un mondo che ancora non conosceva la Playstation o la Xbox.
Oggi, anche nel nostro Salento, molti continuano a giocare alla guerra, ma non sono bambini o adolescenti: sono tutti maggiorenni, tra di loro ci sono studenti universitari, professionisti, commercianti, impiegati statali e operai. E non usano più bastoni o armi giocattolo ma potenti Asg (Air Soft Gun), perfette repliche 1:1 di armi realmente in uso presso le forze armate e le forze di polizia di tutto il mondo, che sparano pallini in ceramica biodegradabile del diametro di 6 millimetri. In più indossano uniformi mimetiche e anfibi (simili a quelli in dotazione ai militari) e utilizzano strumenti altamente sofisticati come Gps, visori notturni e sistemi di puntamento laser.
Sono gli appassionati di soft air (o tiro tattico sportivo), un’attività che conta centinaia di praticanti nella nostra provincia, organizzati in club dai nomi altisonanti come “Highlanders”, “Contractors”, “Skulls” o “Swat”. Si incontrano la domenica mattina (qualche volta di notte, soprattutto nei periodi estivi) in boschi, masserie, capannoni industriali o cave; sono organizzati in squadre all’interno delle quali ciascun “combattente” ha un ruolo preciso (capo squadra e vice, scout, navigatore, assaltatore, unità di attacco e appoggio, tiratore scelto) e una missione da compiere, come occupare una posizione, liberare uno o più ostaggi o “eliminare” elementi ostili.
Gioco di squadra, amicizia, vita all’aria aperta, passione per il tiro, l’orienteering e le tecniche di sopravvivenza: sono questi gli ingredienti di un’attività ludico-ricreativa e sportiva unica nel suo genere e che ogni giorno fidelizza sempre più uomini e donne. Sì, perché anche il gentil sesso sembra essere attratto dal tiro tattico sportivo e -a detta dei veterani- le combat players risultano essere ottime guerriere, perfettamente in grado di competere con i loro colleghi maschi.
“Passione, azione e gioco di squadra: questo è il soft air”
Tra i club di appassionati di soft air in Salento il più antico è l’Asd Highlanders Lecce, associazione nata nel 1995 e presieduta da Maurizio Orlando (nome di battaglia “Capo”). E proprio a lui, 39enne militare di carriera nell’Aeronautica Militare e “pioniere” del soft air in provincia di Lecce, abbiamo chiesto di raccontarci come funziona “sul campo” la pratica del tiro tattico sportivo.
Maurizio, quanti sono i giocatori di soft air della vostra associazione?
I tesserati Highlanders sono una quarantina, nelle domeniche in cui ci incontriamo i partecipanti in genere sono 24-25. Sono tutti maggiorenni (regola fondamentale per potersi iscrivere alla nostra associazione ed essere assicurati contro gli infortuni), con una media di 35 anni; i minorenni sono ammessi solo se accompagnati da parenti adulti e in questo caso devono essere membri della stessa squadra. In organico abbiamo tre donne, una delle quali peraltro è la mia compagna, conosciuta proprio sul “campo di battaglia”.
Quali sono i compiti o i ruoli in cui siete specializzati?
Le squadre sono composte da un minimo di tre ad un massimo di otto giocatori (come nel caso dei tornei) e all’interno della squadra ognuno ha un compito preciso da assolvere: oltre ad un capo squadra e un vice, ci sono gli scout o esploratori (che procedono in avanscoperta), i cartografi o navigatori (che guidano il gruppo sull’obiettivo), gli assaltatori (o incursori), gli elementi di appoggio (o di copertura) e gli sniper (i tiratori scelti o cecchini). I ruoli sono scelti in funzione dell’attitudine o delle preferenze del giocatore.
Come vengono “arruolati” e “addestrati” i nuovi Highlanders?
Chi si avvicina alla nostra associazione viene “inquadrato”, spiegandogli dall’inizio le regole del gioco. Tra queste l’onestà è quella fondamentale: quando un giocatore percepisce di essere stato colpito da un pallino, deve alzare le mani e uscire dal gioco, aspettando che la partita termini. Poi le regole, le norme di sicurezza, il rispetto degli altri e dell’ambiente naturale dei luoghi dove andiamo a operare. Ad esempio, i fumogeni possono essere adoperati solo in luoghi dove non c’è vegetazione (come le cave dismesse). Seguono poi corsi di specializzazione ad hoc.
Come è visto il soft air dalle istituzioni sportive e da quelle militari?
Il soft air è uno sport a tutti gli effetti, anche se di fatto non è ancora riconosciuto ufficialmente dal Coni. Noi come associazione siamo affiliati al Cisa (Comitato Interregionale Soft Air) e registrati allo Csen (Centro Sportivo Educativo Nazionale) Soft Air Italia e ci siamo così dotati di un codice di autoregolamentazione. Per quel che riguarda le forze armate fino a 15 anni fa erano diffidenti verso chi praticava il tiro tattico sportivo. Adesso invece dimostrano interesse, anche perché al pari degli Usa anche da noi il soft air può rivelarsi utile per orientare chi è interessato alla carriera militare, e ci danno anche una mano per organizzare i corsi di formazione.
Andrea Colella