Il Salento è ormai assediato dalle installazioni fotovoltaiche: una situazione che, da un lato, ha portato vantaggi economici ma che, dall’altro, rischia di compromettere l’incomparabile bellezza del paesaggio locale. In attesa dell’emanazione delle linee guida nazionali e del passaggio delle deleghe regionali alla Provincia, si moltiplicano gli ettari consegnati alle coltivazioni di silicio.
La denuncia è forte. La Puglia, e il Salento in particolare, sono diventati terra di conquista per le imprese alla ricerca di aree adatte per l’installazione di pannelli fotovoltaici. Da più parti associazioni e singoli cittadini lamentano la “riconversione” dei tipici campi in “colture” di silicio con ettari ed ettari di installazioni a perdita d’occhio. Oreste Caroppo, presidente del movimento per La Rinascita del Salento è perentorio: “L’ubicazione dei pannelli fotovoltaici nei campi, nelle aree di naturalità e nei preziosi pascoli ricchissimi di biodiversità, è un attentato all’identità e all’anima del Salento, un reato la cui gravità etica va al di là di qualsiasi attuale tentativo di giustificazione legislativa. Se da un lato la legge regionale sta consentendo questa follia, dall’altro i comuni hanno il dovere di difendersi con regolamenti e imponendo il divieto di ubicazione di pannelli nei campi e pascoli, e tra gli uliveti. Il fotovoltaico va istallato su superfici biologicamente morte, come i tetti dei capannoni industriali, di case, edifici pubblici e privati, scuole, edifici sportivi e caserme, tettoie di parcheggi; al suolo, solo in aree industriali. Il carico in termini di inquinamento elettromagnetico, causa di tumori, provocato da tutti questi impianti industriali d’energia rinnovabile e dagli elettrodotti e cabine elettriche di trasformazione ad essi collegati, rappresenta un fattore di rischio sottaciuto, così i danni di desertificazione e al locale clima, che la sostituzione dei nostri prati, colture e pascoli erbosi, con diserbati sabbiosi deserti di pannelli, provocherà, costituiscono una violenza che nessun buon salentino può tollerare e avallare oltre”.
Molti i casi di comuni che, in caso di impianti al disotto del 1 megawatt, possono solo constatare l’inizio dei lavori da parte delle imprese. Il percorso normativo infatti è regolato solo dalle leggi regionali e, tranne che in casi di particolari regolamenti comunali, i vantaggi economici sono importanti per ogni attore della vicenda a partire dal contadino che affitta o vende la propria terra fino alle ditte che traggono un lucro molto alto di durata ventennale, grazie ad una regolamentazione nazionale molto vantaggiosa.
E le installazioni sono sempre più grandi: è notizia di poche settimane fa l’autorizzazione de più grande impianto fotovoltaico d’Italia a Cellino San Marco a cavallo col Comune di Brindisi. Si creerà una centrale elettrica della potenza nominale di 43 MW e sarà connessa alla rete ad alta tensione tramite la realizzazione di una trasformazione 380/150 KV presso la stazione Terna di Brindisi Sud. A Nardò in località “Maramonti” desta preoccupazione l’ipotesi di destinare al fotovoltaico circa 51 ettari su una superficie complessiva di circa 100 ettari di terreno agricolo. Circa 45 ettari del territorio dell’agro di Scorrano, in contrada “Miggianello”, saranno destinati alla realizzazione di un impianto di grandissime dimensioni. Il problema è, quindi, relativo allo sfruttamento selvaggio: in attesa delle linee guida che regolamenteranno le installazioni e la definizione dei nuovi incentivi la paura è che molte delle bellezze del territorio salentino siano sacrificate alla speculazione.