L’annuale classifica del “Il Sole 24ore” conferma le performance modeste dell’ateneo leccese. A peggiorare la valutazione è l’aggiunta di un indicatore che considera gli occupati a tre anni dalla laurea
L’Università del Salento va giù nella classifica relativa alla qualità degli atenei italiani, almeno secondo il Sole 24ore, che lunedì scorso ha pubblicato l’annuale graduatoria redatta in base ai dati forniti dall’Istat e dal Comitato nazionale di valutazione delle università italiane. L’ateneo salentino scende dal 54esimo posto del 2008 al 56esimo, ovvero quintultimo, del 2009.
Il punteggio totale per ogni università statale è stato ricavato dai dati ottenuti nei dieci indicatori considerati, ossia: le matricole con un voto alto di maturità, il numero di iscritti proveniente da altre regioni, le cifre relative a quanti non si iscrivono al secondo anno, a quelli che in un anno accademico non ottengono neppure un credito e a quanti studenti escono fuori corso. Poi l’affollamento, i fondi per la ricerca (interni ed esterni) e infine, da quest’anno, il numero degli occupati a tre anni dalla laurea. I dati del 2009 per i singoli indicatori non sono stati ancora resi noti (il sito internet del Comitato nazionale di valutazione non viene aggiornato da una vita), ma sarebbe proprio quello aggiunto quest’anno ad aver peggiorato la valutazione dell’Università del Salento e degli altri atenei del Sud.
In effetti, quella de “Il Sole 24ore” è un po’ la scoperta dell’acqua calda. Che al Sud ci sia un tasso di disoccupazione più alto che al Nord lo si sa fin dai tempi di Garibaldi. Oggi il problema della carenza di sbocchi occupazionali coinvolge (anzi, travolge) anche i sempre più numerosi laureati. Non a caso, scendono, nell’annuale classifica, tutte le università meridionali, con l’eccezione -lusinghiera per la Puglia- dell’unico Politecnico del Sud, quello di Bari, salito dalla 26esima alla 20esima posizione e che si conferma come l’ateneo meridionale più qualificato. Secondo “Il Sole 24ore”, la seconda Università di Napoli, 16esima nel 2008, crolla fino al 28esimo posto, un passo indietro rispetto alla Federico II (27esima), e l’ateneo di Benevento del Sannio scende dal 22esimo al 37esimo. Come lo scorso anno, le ultime sette posizioni sono occupate da università meridionali. Nell’ordine, dal 54esimo al 60esimo: Bari, Foggia, Lecce, Teramo, Palermo, Catanzaro, Napoli Parthenope.
A livello nazionale, i dati sulla ricerca e l’occupazione premiano i politecnici. Le prime cinque posizioni sono occupate da Milano, Modena e Reggio Emilia, Trieste, Torino Politecnico e Pavia. Dall’analisi dei singoli indicatori emergeranno delle riflessioni più precise, anche sull’Università del Salento, che già nel 2008 presentava numeri da far arrossire. A cominciare da quello degli studenti fuori corso, il 14%, in pratica quasi 9 su 10. Ma anche il dato riguardante la percentuale di matricole che rinuncia ad iscriversi al secondo anno era significativo: il 28%, ossia oltre 1 su 4. Il 26% degli iscritti, inoltre, non ottiene crediti in un anno (vale a dire che non sostiene nessun esame con esito positivo), e ciononostante Lecce risulta una delle università con i corsi più affollati: 23 studenti in corso per ogni docente di ruolo.
A completare il quadro di un’università che non esercita una grande attrattiva (solo il 4% degli iscritti proviene da fuori regione, altra scoperta dell’acqua calda) ci sono i dati sempre del 2008 riguardanti la ricerca, ovvero la disponibilità economica per la ricerca scientifica per ciascun docente di ruolo e la percentuale di fondi per la ricerca provenienti da enti esterni: quinta, e quindi ben posizionata, nel primo caso, l’Università del Salento è quintultima nel secondo indicatore.
Numeri e classifiche dicono che le cose vanno male. Anche se, in base al dato relativo all’opinione degli studenti, il loro giudizio sulla qualità dell’insegnamento e di tutto il resto non è poi così negativo. Contenti loro.
(F. B.)