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E intanto le banche chiudono i rubinetti

 

Tra il martello della crisi economica e l’incudine della difficoltà di accesso al credito. La fotografia che inquadra il momento delle imprese salentine (ma il discorso vale per tutto il resto del Paese) non offre orizzonti di luce. Le cause di tale “supplizio” sono sostanzialmente due. Da una parte ci sta la riduzione dei volumi di affari e di riflesso del fatturato, dall’altra, anche quale prima conseguenza, la carenza di liquidità che induce alla richiesta di denaro alle banche. Ma queste ultime pare che da un orecchio proprio non ci sentano. E quanto maggiore è l’importanza di ricorrere al credito per superare difficoltà contingenti, tanto altrettanto grande sarà la difficoltà delle imprese di trovare dall’altra parte della “barricata” un direttore di filiale pronto alla risposta. L’ostentata (eccessiva) rigidità gestionale di banche ed istituti di credito diventa il muro di gomma contro il quale gli imprenditori finiscono per far rimbalzare le loro (legittime) aspettative di credito, in modo da rimettere in circolo un ciclo produttivo che altrimenti rischierebbe di arenarsi oltre il dovuto. Ovviamente con gravi danni procurati ai principali attori del sistema: i lavoratori.
Più volte si sono sprecati gli inviti che auspicavano una maggiore autonomia delle sedi locali delle grandi banche nazionali, alla stregua degli istituti più piccoli che sono sì ben più radicati nei territorio d’appartenenza. E non a caso negli ultimi tre mesi dello scorso anno il dato riferito alle banche che hanno inasprito i criteri per la concessione di mutui alle imprese è aumentato di altri 6/7 punti percentuali.