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Gianfreda: “Vendola ha ‘violato’ le prerogative del Consiglio regionale”

 

Il neoconsigliere regionale affronta la questione del rimpasto della Giunta, accusando Vendola per aver mancato di rispetto al Consiglio riguardo l’indagine amministrativa sulla sanità regionale

 

L’ingegnere Aurelio Gianfreda (nella foto) è riuscito in un colpo solo a confermare la sua presenza nel Consiglio provinciale e ad essere nominato consigliere regionale a seguito delle dimissioni di Vittorio Potì, eletto a sindaco di Melendugno. Il nuovo incarico di Gianfreda è quasi coincidente con il rimpasto della Giunta regionale deciso dal presidente Nichi Vendola negli scorsi giorni a causa dell’indagine amministrativa sulla sanità regionale. L’ingegnere di Poggiardo esprime la sua opinione.
Gianfreda, come giudica questo rimpasto di Giunta?
Credo che Vendola non abbia raggiunto l’obiettivo che si era posto in merito: l’allargamento all’Udc e a quei partiti, in particolare Italia dei Valori, che erano rimasti fuori dalla giunta precedente. Il primo non si è verificato, nonostante la nomina di Dario Stefano, a lungo considerato il candidato per l’Udc alle ultime elezioni provinciali. Stefano, però, non solo rappresenta il Pd nel consiglio regionale, ma il suo coinvolgimento nell’Udc è stato sconfessato anche dai leader nazionali del partito. È chiara invece l’esclusione dell’Idv e quindi l’attuale maggioranza vede scomposto il quadro uscito dalle elezioni del 2005. Non solo l’Idv, ma anche Primavera Pugliese, Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista, che hanno contributo alla vittoria di Vendola, sono stati esclusi. A ciò si aggiunga il “mal di pancia” del Pd per la sostituzione di due assessori di alto spessore come il vice presidente regionale Sandro Frisullo e il delegato all’agricoltura Enzo Russo, con Loredana Capone, valorosa ma comunque sconfitta alle provinciali, e Dario Stefano appunto, non certo un esponente di primo piano del Pd regionale. Il problema principale, però, è un altro.
Si spieghi meglio.
Penso che il problema del rimpasto della Giunta non stia nella sostituzione delle persone, ma nel percorso politico che Vendola ha compiuto nella sua autonomia di presidente regionale. Deve sapere che io non accetterei mai una lesione del corpo istituzionale di cui entro a fare parte. Vendola ha “violato” le prerogative del Consiglio, il quale non ha mai ricevuto i risultati di quella indagine amministrativa della sanità regionale, commissionata da lui stesso all’assessore alla Sanità Fiore. Il resoconto invece è stato secretato da Vendola e consegnato alla Magistratura, attuando così un atteggiamento di supplenza della politica nei confronti dell’organo giudiziario. Questa è una mancanza di rispetto verso le istituzioni politiche, quel rispetto che Pellegrino ha sempre avuto verso il Consiglio provinciale. Come possiamo pretendere che i cittadini rispettino i politici e le istituzioni che questi rappresentano, se proprio la politica manca di rispetto alle istituzioni stesse? Non metto in discussione i poteri che lo statuto attribuisce al presidente della Regione Puglia, direttamente eletto dal popolo, ma questi devono essere esercitati in modo trasparente e con atti motivati, perché sia poi il consiglio a discutere delle modalità di esercizio di quei poteri. Sostituirò Potì e darò il mio contributo alla maggioranza, ma con lo spirito che non vengano lesi le prerogative dell’assemblea consiliare, massima espressione di questa regione.
Come è stata la sua prima esperienza in Consiglio regionale?
Anche in questa situazione ho trovato molta superficialità. Il Consiglio era stato convocato con i primi due punti dell’ordine del giorno e cioè la presa d’atto delle dimissioni del consigliere Potì e la sua surroga. Prima di procedere a questo esame il presidente del Consiglio regionale Pepe, in maniera a mio parere molto superficiale, ha dato la parola al capogruppo del Pdl Rocco Palese che, facendo la sua parte, ha fatto di tutto per sospendere e annullare il consiglio per un fatto clamoroso come l’azzeramento della giunta, ciò che poi è accaduto e che condivido. Pepe, però, avrebbe dovuto dare priorità agli avvicendamenti tecnici per la ricostruzione di un consiglio ancora monco, in quanto privo di un consigliere. D’altronde bisogna tenere conto che Potì sì è dimesso da consigliere regionale in quanto carica incompatibile con quella di sindaco, che tra l’altro sta esercitando da oltre un mese. Inoltre, un consigliere di ente locale dimissionario non può ravvedersi come prescrive la legge. La Regione quindi rischia di andare contro una legge da lei stessa voluta e anche in questo caso la politica sta mancando di rispetto alle istituzioni, favorendo di conseguenza la stessa mancanza di apprezzamento dei cittadini nei confronti di noi politici.

Alessandro Chizzini