Secondo l’agronomo Antonio Bruno poco o nulla si poteva fare per evitare i danni del maltempo, anche a causa degli elevati investimenti necessari per la realizzazione di infrastrutture ad hoc nelle aziende agricole
Ortaggi, verdure, fiori: tutto spazzato via, finito sotto uno strato di neve, mischiato ai teloni delle serre e ai ferri contorti. Ne abbiamo parlato con il dottor Antonio Bruno, dottore in Scienze agrarie e consigliere nazionale della Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali (FIDAF).
Dottor Bruno, innanzitutto la neve di questi giorni quali piante e quali colture ha colpito maggiormente?
Sicuramente tutte le colture a pieno campo, vale a dire quelle che vengono coltivate senza alcuna protezione, all’aperto: verdure, finocchi, cavolfiori. Per quel che riguarda i finocchi, ad esempio, il repentino sbalzo delle temperature, da -1 o 0 a +1 o +2 comporta un aumento del volume dell’acqua, con la conseguenza che la pianta sembra quasi come se fosse stata lessa, si inflaccidisce. Purtroppo, però, anche le colture in serra hanno subito molti danni.
Che tipo di danni?
Diverse serre sono letteralmente venute giù perché non potevano reggere il peso dell’enorme quantità di neve caduta e il gioco è fatto. I danni sono ingenti un po’ ovunque, si è trattato di un evento inusuale. I coltivatori si erano anche organizzati per ovviare con i riscaldamenti, ma poi si è andati oltre le previsioni.
Perché molte serre non hanno resistito al peso della neve e sono crollate?
Perché non sono progettate per resistere a certi fenomeni. Si ricordano nevicate intense nel 1979 e nel 1987, non sono eventi così ripetitivi da noi. Motivo per cui il progettista consiglia all’imprenditore agricolo di impiantare una struttura la cui durata non eccede i 5 o 6 anni. È chiaro che progettare e realizzare una serra che resiste a un carico maggiore comporta delle spese superiori e per eventi che si verificano raramente non è economicamente vantaggioso. Ricordiamoci sempre che in serra vengono piantate colture primaverili o estive, non invernali, che quindi hanno bisogno anche di un riscaldamento adeguato. Sono tutti costi in più per l’azienda.
Quali colture, invece, possono aver resistito?
Al contrario del discorso precedente le arboree e i fruttiferi resistono bene al freddo. Ulivi e vite non hanno avuto grandi disagi, lo stesso dicasi per i fruttiferi che paradossalmente hanno bisogno del freddo. Per quel che concerne i fiori dovrebbero aver tenuto. I problemi che hanno avuto, per un paio di giorni, sono stati collegati alla distribuzione, perché i camion che passano per raccogliere i fiori raccolti avevano difficoltà a raggiungere le aziende. In più i cimiteri sono rimasti chiusi, insomma non c’era domanda.
Si sapeva dell’arrivo della perturbazione proveniente dalla Siberia da almeno 10 giorni prima. Si poteva fare qualcosa per evitare questi disagi?
No. Per poter agire in tempo la previsione deve essere fatta prima dei trapianti, devono passare 60-90 giorni prima di arrivare alla raccolta completa e 2 o 3 mesi fa era difficile fare una previsione del genere. Questo è stato un evento calamitoso a tutti gli effetti, per cui più che aumentare la dose di combustibile per i riscaldamenti non si poteva fare.
Alessio Quarta