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La Lucerna

Elisabetta, piena di Spirito Santo, esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo. Beata te che hai creduto alla parola del Signore”.
La quarta ed ultima domenica di avvento è da sempre considerata la domenica della Madre del Signore. Il testo riportato, infatti, cita il saluto della cugina Elisabetta alla Vergine Maria che va a visitarla, essendo anche lei in attesa del figlio Giovanni Battista, nonostante la vecchiaia e gli insulti della gente che la chiamava “sterile”. Nel saluto a Maria, Elisabetta usa delle espressioni tipiche del mondo ebraico: la chiama benedetta e beata; non c’è da augurarsi di meglio, perché anche noi siamo destinatari come Maria di benedizione e di beatitudine. Nella Genesi, dopo il peccato originale, l’unico maledetto è il serpente, non i nostri progenitori Adamo ed Eva, che sono privati dell’immortalità e viene loro preannunciata la fatica e il dolore (“Guadagnerai il pane con il sudore della fronte e partorirai nel dolore”), ma non sono esclusi dalla benedizione che è come un raggio di sole nella triste realtà di ogni giorno.
Il Maestro Gesù di Nazareth inizierà la sua predicazione proclamando alla folla: “Beati i poveri, i miti, i puri di cuore, i misericordiosi e persino sono beati quelli che piangono, quanti sono perseguitati e gli affamati e gli assetati di giustizia”. La beatitudine di Maria, quindi, anticipa quelle del Maestro, che trovano la sintesi strana nel “Beato chi non si scandalizza di me!”, allusione evidente alla sofferenza e alla croce. Natale è un mistero di amore e di dolore, perché nessuno di noi è nato nello squallore di una stalla o, come cantiamo con S. Alfonso De Liguori “…e vieni in una grotta al freddo e al gelo”. Eppure, nel 2009 c’è al mondo tanta gente che vive il Natale proprio come lo rappresentiamo nel presepio. Possa il Bambinello di Betlemme (come lo chiamava S. Francesco d’Assisi) toccarci il cuore e farci capaci di regalare a chi ci sta intorno un sussulto di umanità e di benevolenza. S. Paolo, in una sua lettera, ci fa credere che nel primo Natale è apparsa sulla terra la “benignità” e l’umanità del nostro Signore Gesù Cristo. Speriamo di esserne partecipi.

Frate Roberto Francavilla