Con un fatturato complessivo di circa 2 milioni di euro e un centinaio di aziende in attività il Salento si conferma terra di apicoltori (oltre che agricoltori), in grado di produrre varietà di miele di alta qualità. Ma le minacce non mancano, dai pesticidi utilizzati spesso senza controllo nelle nostre campagne fino all’importazione di grandi quantità di prodotto dal costo inferiore da Ungheria, Cina, Spagna e Romania, spacciato poi per miele made in Puglia
“Quando le api scompariranno all’uomo resteranno solo quattro anni di vita”: pensiero e parole attribuite ad Albert Einstein che mettono in risalto l’importanza strategica dell’attività delle api nel corretto funzionamento dell’ecosistema generale, a partire dall’impollinazione di molte piante che altrimenti senza l’opera certosina di regine e operaie morirebbero, privandoci del necessario ossigeno per sopravvivere.
Ma la frase del genio della relatività va analizzata anche in un altro modo, vale a dire attenzione a non compromettere questo delicato ingranaggio vitale perché segnerebbe la fine dell’umanità nel giro di pochi anni. E i numeri, in questo caso, non sono incoraggianti con la presenza di api che nel corso degli ultimi decenni si è andata via via dimezzando. Colpa di insetticidi come i neonicotinoidi, pesticidi, onde elettromagnetiche che ne disturbano il volo. Fatto sta che occorre invertire la rotta. E bisogna farlo quanto prima.
A capirlo in anticipo sono state le aziende specializzate in apicoltura che operano ormai da diverso tempo sul territorio in un settore che sta registrando comunque un aumento di interesse da parte di tanti giovani che, anche per rispondere in modo concreto alle difficoltà di trovare un posto di lavoro al giorno d’oggi, decidono di investire sull’apicoltura e soprattutto sulla realizzazione di un prodotto salutare e benefico per eccellenza come il miele. E il Salento non fa eccezione, con numeri costantemente in crescita.
Necessità di risorse non eccessive per avviare la propria attività, con i costi che però aumentano di pari passo con l’aumentare dei cicli di produzione, tendenza a privilegiare un’agricoltura sana, biologica, rispettosa della natura senza l’uso e l’abuso di fitofarmaci fanno il resto. Ma tutto il comparto dell’apicoltura ha necessità di maggiore attenzione e cura da parte delle istituzioni e delle altre attività agricole. Diversi sono, infatti, i problemi con cui gli apicoltori salentini si trovano a confrontarsi: dall’uso di insetticidi e pesticidi nelle campagne durante il periodo della fioritura, -quando i farmaci dovrebbero essere tassativamente vietati- alla concorrenza del miele estero che giunge sul mercato a prezzi più vantaggiosi, alla presenza sugli scaffali di prodotti contraffatti con miele che viene dichiarato salentino, ma in realtà d’importazione. Per non parlare del rischio Aethina tumida, il parassita delle api che sta distruggendo gli alveari in Calabria e Sicilia e che per fortuna, per ora, si tiene lontano dal Salento.
Giuseppe Romano: “Le api devono poter fare il loro lavoro in un ambiente sano”
Esempio lampante di un’azienda che fa registrare un grande successo, producendo miele di pregevole qualità è Apicoltura Salentina di Giuseppe Romano, a Copertino. Laboratorio nella città del Santo dei Voli, ma produzione spostata in tutta la provincia, in particolar modo sulla costa ionica e basso ionica laddove le sue arnie di api, trasportate in piena notte, producono un miele gustosissimo. “Ho duecento arnie di api -confessa Romano-, smistate in varie zone, prevalentemente mi appoggio su grosse aziende agricole o su agriturismi che so che lavorano in un certo modo, senza usare fitofarmaci in questa fase della fioritura. Ora sono nella macchia mediterranea, più precisamente nel Parco naturale di Porto Cesareo. In questo periodo dell’anno abbiamo aranci, ciliegi in fioritura e produzione quasi completata, l’acacia sta fiorendo. Diciamo che in primavera ci concentriamo sul miele chiaro di arancio, ciliegio, della macchia mediterranea e ‘millefiori’, vale a dire quello che le api ricavano dal nettare di diversi fiori a differenza del miele ‘monoflora’ in cui gli insetti agiscono su un’unica specie. In estate poi passeremo ai mieli più scuri, come la melata o l’eucalipto”.
Al calar della notte, i mezzi di trasporto dell’azienda portano le arnie nell’area prestabilita, all’indomani le api vengono liberate e lasciate lì per il periodo della fioritura, al termine del quale vengono ritirate. “Bisogna stare attenti dove ubicare gli allevamenti, dove posizionare le api -precisa Romano-. Devono stare lontane da dove c’è molta coltivazione a meno che non siano piantagioni sicure, anche perché in questo periodo dovrebbero essere vietate le irrorazioni con pesticidi visto che siamo nel tempo della fioritura. Ma è una legge che non viene rispettata e nessuno controlla, tant’è che di sera o di domenica tutti sono nei campi ad irrigare con i pesticidi, mentre prima si arava, si tagliava l’erba. Il che danneggia sia il polline, sia il lavoro delle api. Occorre poi stare lontani dai ripetitori che deviano il percorso delle api e fare delle prove su quali piantagioni portarle: quante meno sono meglio è, perché altrimenti subentra la concorrenza tra di loro e producono poco”.
Ma che il settore sia in fermento e in continua evoluzione, al di là delle falle del sistema, ce lo conferma anche il signor Romano: “Dove c’è ape, c’è vita. Richiesta di miele ce n’è molta e noi esportiamo tanto. È un lavoro che è in aumento perché prima il miele si usava solo come medicina e nel periodo natalizio per i dolci, ora fa parte dell’alimentazione quotidiana”.
Alessio Quarta