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La bellezza decadente

A pochi mesi dall’avvio della stagione estiva il Salento deve nuovamente fare i conti con il fenomeno dell’erosione costiera, forse il problema più urgente a cui i nostre amministratori sono chiamati a trovare una soluzione. Nel tratto compreso tra Torre Specchia e Santa Cesarea numerose sono state le ordinanze emesse per impedire il transito, la balneazione e la pesca. Divieti che, con l’arrivo della bella stagione, difficilmente saranno rispettati  

 

Sembra quasi un appuntamento fisso: non appena arrivano le belle giornate di primavera, i salentini (insieme ai primi turisti “destagionalizzati”) nel fine settimana si riversano sulle nostre località balneari per una passeggiata in riva al mare, per pescare o per fare un bagno fuori stagione, complice anche la temperatura mite. E puntualmente ci si trova davanti un cartello indicante il divieto di balneazione e/o di transito nel tratto di scogliera o di spiaggia, la cui bellezza è sfregiata da un crollo della stessa falesia. 

Cominciamo dl principio. Negli ultimi mesi le Capitanerie di Porto di  Gallipoli e Otranto hanno invitato ripetutamente i Comuni competenti ad effettuare interventi di messa in sicurezza delle zone di litorale a rischio crolli (basandosi sulla catalogazione del Piano di assetto idrogeologico della Regione Puglia risalente al 2008). Di fronte all’inadempienza degli stessi, negli scorsi giorni l’assessore al Bilancio della Regione Puglia, Leonardo Di Gioia, ha inviato ai sindaci dei Comuni che non hanno ancora attuato il Piano Comunale delle Coste una lettera con la quale li ha invitati formalmente ad adottare il provvedimento entro 60 giorni, pena il Commissariamento dei comuni stessi, così come stabilisce l’art. 4 comma 8 della Legge regionale 17/2006 (in particolare nel Salento i Comuni inadempienti sono Alessano, Alliste, Andrano, Corsano, Diso, Gagliano del Capo, Morciano di Leuca, Racale, Santa Cesarea Terme, Squinzano, Taviano, Tiggiano). 

Risultato: l’apertura di un fascicolo d’indagine da parte dei procuratori Cataldo Motta e Ennio Cillo, che non contiene al momento ipotesi di reato né nomi iscritti nel registro degli indagati ma serve a fornire un quadro attendibile della situazione delle coste nel nostro territorio in merito ai mancati provvedimenti presi dagli amministratori a fronte di situazioni di criticità conosciute già dal 2008. Nel frattempo i sindaci di Vernole, Melendugno, Otranto e Santa Cesarea Terme hanno emesso ordinanze per impedire l’accesso ad alcuni tratti di costa nelle marine di competenza, scatenando le ire degli operatori balneari che vedono già compromessa una stagione ormai alle porte. 

Sebbene sia stato già annunciato che alcune di queste ordinanze saranno ritirate, fa male dover constatare che ogni anno in questo periodo si riproponga con forza un problema al quale nei mesi precedenti non è stata data la giusta attenzione. E poiché salentini e turisti non intendono rinunciare al mare, i divieti non sembrano funzionare poi tanto.  

 

Paolo Sansò: “I crolli della falesia? Un fenomeno naturale, che bisogna imparare a gestire”

 

La fragilità dei costoni rocciosi salentini non interessa solo cittadini e amministrazioni, ma anche i geologi, coloro che meglio di altri conoscono le dinamiche con cui si manifesta questo fenomeno. Tra di loro, anche Paolo Sansò che ci ha lasciato le sue opinioni sull’argomento. 

Professor Sansò, cosa sta succedendo alle coste salentine? 

I crolli si verificano perché le falesie stanno arretrando, ma si tratta di un fenomeno assolutamente naturale e che accade ovunque. Le falesie sono luoghi pericolosi e in quanto tali devono essere rispettati, assumendo un atteggiamento responsabile per evitare danni a persone o a cose. I migliori modi di prevenzione sono quelli di evitare di costruire sul ciglio della falesia, evitando di concedere permessi e autorizzazioni, o di fare il bagno e sostare ai suoi piedi. 

Come si può invece intervenire tecnicamente? 

Le tecnologie per arrestare temporaneamente l’arretramento esistono, ma sono costose e non è mai chiaro chi debba caricarsi delle spese. Ad ogni modo, ciò che serve è uno studio approfondito e dettagliato da parte di tecnici esperti e geologi per individuare le soluzioni migliori, quella che si chiama gestione sostenibile del litorale, ma prima di tutto occorre verificare l’opportunità degli interventi.

Si spieghi meglio. 

Se la falesia dovesse minacciare qualcosa di importante dal punto di vista storico, culturale o economico, come un sito archeologico o un’azienda, allora è giustificato un intervento che possa arrestare i crolli per un determinato periodo. In qualsiasi altro caso, quando cioè l’erosione della falesia non mette a repentaglio qualcosa di rilevante, nessun intervento può essere considerato utile. Nel primo caso, occorre considerare gli alti costi derivanti dall’opera e dalla manutenzione della stessa, oltre al deturpamento al paesaggio costiero, un prezzo purtroppo da pagare per salvare qualcosa di più importante. 

E l’incolumità delle persone? 

Come detto prima, basta non sostare sulla falesia o ai piedi di essa o comunque interdire l’accesso. I lavori effettuati a Porto Miggiano, ad esempio, sono stati inutili perché la falesia non metteva a repentaglio qualcosa di particolare valore che insisteva sul suo ciglio. Sono stati spesi milioni di euro per permettere la balneabilità, ma non è detto che si debba fare il bagno dappertutto.

A Sant’Andrea è stato utilizzato il materiale di crollo per contrastare l’azione erosiva del mare, mentre sul Ciolo si vogliono utilizzare delle reti metalliche. Cosa pensa di queste soluzioni?

Buone, ma poco efficaci. A Sant’Andrea il corpo di frana utilizzato è quasi scomparso, in quanto composto da roccia tenera facilmente erodibile dalle onde. Al Ciolo, invece, le reti sono inutili perché la balneazione può essere fatta più avanti e i crolli sono rari; un lavoro che non diminuisce il rischio e deturpa il territorio.

 

Alessandro Chizzini