Andrea Caroppo, il più giovane consigliere a viale Capruzzi, “figlio d’arte”, replica alle accuse di nepotismo lanciandosi con entusiasmo nella sfida della legislatura costituente. E boccia il piano di rientro sanitario: “Al momento non esiste un progetto”
31 anni da poco compiuti, di cui 7 trascorsi nell’Udc, con varie esperienze di rappresentanza politica, prima dell’approdo a La Puglia prima di tutto. La passione per la politica gliel’ha trasferita il padre Gino, per anni uno dei volti più rappresentativi del Salento nella Regione Puglia. Andrea Caroppo, giovane consigliere regionale originario di Minervino, alla sua prima esperienza politico-amministrativa, dimostra piglio e determinazione nell’affrontare questa sfida. Con lui si discute di sanità, di centrodestra, di Vendola, di Gabellone, del Comune di Lecce e anche del presunto nepotismo.
Caroppo, cosa si prova ad essere il più giovane tra i settanta consiglieri presenti nell’assise regionale e che sensazioni emergono dalla prima esperienza politico-amministrativa?
C’è stato subito un riconoscimento importante dall’Ufficio di Presidenza, con l’elezione a consigliere segretario in quota opposizione, una figura che, in ordine gerarchico, è la terza carica del Consiglio. Un ruolo, che mi ha fatto entrare nel vivo della macchina amministrativa e che mi ha subito fortemente responsabilizzato. Storicamente poi è un incarico che ha portato fortuna: nella sua prima esperienza consiliare, lo ricoprì Raffaele Fitto. Non nascondo di aver provato un pizzico di emozione.
Qualche indicazione sulla vita a viale Capruzzi gliel’avrà fornita anche suo padre. A proposito, quali sono i vantaggi e gli svantaggi ad essere figlio di uno degli storici consiglieri regionali salentini?
Vantaggi e svantaggi si equivalgono: è un vantaggio, perché in campagna elettorale una struttura consolidata certamente aiuta. Mio padre ha lasciato inoltre un buon ricordo di rapporti umani e personali tra i colleghi e io mi auguro in questo di seguire le sue orme. È innegabile l’esistenza di qualche pregiudizio da parte di chi non ti conosce bene. Ma conto di superare tutto, come fatto in campagna elettorale, dove molti pronosticavano un ridimensionamento del dato, mentre è avvenuto esattamente il contrario. Quando si lavora bene, i risultati arrivano.
È partita questa consiliatura da molti indicata come di transizione o costituente. Quali i temi principali sul banco e i problemi della Puglia da affrontare?
È una legislatura partita a rilento per gli ovvi motivi giuridici sul numero dei consiglieri, destinata ancora a nuovi colpi di scena. Questo scenario ha condizionato i primi mesi, con Vendola penalizzato dall’assenza del premio di governabilità, che ha cercato un accordo più o meno alla luce del sole con l’Udc e non senza confusioni o problemi, come quelli emersi nel caso della settima commissione consiliare. È una legislatura che si è infiammata per il piano di rientro, vicenda che assume i contorni del paradosso, visto che si discute di un riordino ospedaliero senza programmazione, con distonie nella parte corposa, quella economica finanziaria che prevede il rientro del ticket sui farmaci.
Sull’argomento sanità il centrodestra ha condiviso negli anni l’idea della razionalizzazione dei costi. Qual è la nota dolente del piano?
Nulla da eccepire sull’esigenza di razionalizzazione dei costi: il problema semmai è nel modo di approntare un piano, senza discussione. Un consigliere regionale oggi ne ha notizia solo dalle indiscrezioni giornalistiche e nella prospettiva del prendere o lasciare tout court, per esigenze di bilancio, dopo i debiti di questi anni. Vendola, poi, cerca di ribaltare le responsabilità affibbiandole alla manovra del Governo nazionale, che è dura ma non toglie un centesimo alla Regioni sulla sanità, anzi, in realtà concede più soldi al settore. Sono dell’idea che dove ci sarà un progetto, non si debbano fare barricate. Il problema è che non c’è un piano e non esiste alcun dato a disposizione. Si sa solo che si chiude qualche struttura più piccola con equiparazione stupida, quella di ritenere inutili gli ospedali presenti nelle piccole realtà. Si sente parlare della chiusura di ospedali di Poggiardo, Gagliano e Maglie, tutti sul versante adriatico: questo significa che da Lecce in giù resterebbero solo Scorrano e Tricase a soddisfare il fabbisogno di quasi la metà della popolazione salentina che in estate diventa anche di più.
La sanità è stata un tema molto sentito nella campagna elettorale del centrodestra: la politica, in entrambi gli schieramenti, si proclama pronta a migliorare il settore e a liberarlo dalla gestione dei partiti. Ma, nei fatti, c’è davvero l’interesse di farlo o i politici non vogliono togliersi uno spazio dove esercitare il proprio potere?
Il problema che riscontro è che molti politici ragionano spesso per microarea di rappresentanza. Bisognerebbe cercare di esercitare la nostra ingerenza nella minor misura possibile, ma, allo stesso tempo, cambiare mentalità: con la vittoria di Vendola si è chiusa un’epoca. Ed è tempo di riconoscersi vicendevolmente, dove sono evidenti, i meriti tra gli schieramenti. Invece, nessuno vuole dare merito all’altro e questo crea problemi ad affrontare con serenità la questione.
Un esempio di “riconoscimento mancato” è quello della settima Commissione. Dopo questa vicenda cosa sta accadendo e quali sono i rapporti con l’Udc?
È in atto un precedente gravissimo, al di là della retorica: c’era una prassi, che esiste da quando è stata istituita la settima Commissione, che si occupa delle regole, con la presidenza assegnata all’opposizione. Oggi esistono due opposizioni, anche se l’Udc appare in questo ruolo piuttosto morbida: nei fatti, però, esiste un accordo tra centrosinistra ed Udc, palesatosi sin dalle primarie. C’è, dunque, un giochetto stucchevole, che sta condizionando questa fase. Se la maggioranza non riconosce un’opposizione, si perde il senso stesso della democrazia. Ed occorre porre un rimedio al problema.
È stato anche un periodo di riflessione politica sui risultati elettorali, sugli errori del centrodestra e sui meriti di Vendola. Che idea si è fatta, consigliere Caroppo, in merito?
A mente fredda, sono sempre più soddisfatto del mio dato, perché si è sfatata l’idea di una candidatura frutto di nepotismo. L’analisi della sconfitta del centrodestra è stata accurata: è mancato l’accordo col centro, al di là della semplice somma algebrica, e si è arrivati tardi all’indicazione del candidato. Vendola, al di là degli indici tutti negativi della sua Regione e dei suoi successi di facciata, come Ritorno al futuro, ha la capacità di arrivare al cuore, non solo dal punto di vista dell’eloquio. Il centrodestra pertanto deve tornare a parlare col linguaggio che gli appartiene: nella sconfitta, c’è stato il vantaggio nel centrodestra di aver selezionato una classe dirigente, che dà prospettive future.
Dalla Regione alla Provincia: Negro (Udc) sottolineava come l’ente fosse frenato sul bilancio, mentre Gianfreda (Idv) evidenziava la necessità di un salto di qualità. Come giudicare un anno di Gabellone?
La situazione finanziaria disastrata ha condizionato questa fase, così come la lunga campagna elettorale in preparazione alle regionali: i toni di Gabellone sono sempre stati responsabili. Non sono d’accordo con Negro, quando ha evidenziato che la figura emergente sia quella dell’assessore al Bilancio: Gabellone, a mio parere, si sta dimostrando un presidente equilibrato e deciso alla guida di un ente intermedio, capace di mediare tra le istituzioni.
Come viene vista dalla Regione la complessa vicenda amministrativa di Lecce?
Esiste un’attenuante sul caso Lecce, dove lo strappo con una persona come la Poli Bortone che ha segnato la storia dell’ultimo trentennio politico cittadino non poteva non lasciare strascichi. In questa vicenda è emerso lo spessore di Paolo Perrone che ha dimostrato la propria abilità nell’affrontare una situazione difficilissima con responsabilità. Ha attraversato un mare in tempesta con scorribande di pirati, portando la nave al porto.
Quale obiettivo ha in mente il giovane Caroppo per questi cinque anni di legislatura?
Lavorerò per i giovani e l’occupazione, con un impegno, oltre la retorica, sforzandomi di dare anche delle risposte nel settore agricolo, venendo da una realtà dell’entroterra con quella estrazione.
Mauro Bortone