La vicenda dei lavoratori cassintegrati che si trascina da molti mesi non trova una via di uscita. A sostegno degli operai scendono in campo anche i sindaci dei comuni del sud Salento, mentre all’orizzonte si profila un’autoconvocazione a Palazzo Chigi
Fiumi di parole, documenti, volantini, manifestazioni in piazza e sulle strade, incontri istituzionali, contestazioni eclatanti, il tutto per cercare di affrontare la grave situazione occupazionale che attanaglia circa 700 lavoratori dell’azienda calzaturiera Adelchi di Tricase. Le famiglie sul lastrico da un anno non sanno più a quale santo votarsi. Si ritengono abbandonati da tutti gli operai che nel giro di pochi mesi hanno perduto il posto di lavoro. A niente è valsa la loro tenace protesta . Da dieci giorni, poi, a dare più spinta alla vicenda sono state le operaie in cassa integrazione che hanno affollato la seduta del Consiglio comunale aperto, convocato nella sala del Trono di Palazzo Gallone, con all’ordine del giorno la “vertenza Adelchi”.
Donne e madri di famiglia hanno evidenziato con la loro massiccia presenza il profondo malessere e il disagio assoluto in cui sono costrette a vivere quotidianamente. “Le speranze per il futuro sono ridotte al lumicino -grida a gran voce una signora, madre di tre figli piccoli-. Adelchi deve pagare per il male che ci ha fatto riducendosi in miseria e povertà”. La rabbia dei cassintegrati è sfociata in una reazione durissima tanto da indurre l’operaio Daniele Bitonti, presente a palazzo Gallone, ad avvicinarsi al tavolo della presidenza, dando fuoco al proprio certificato elettorale. “Non voterò più. Siamo distrutti”. L’esasperazione è giunta poi alle stelle a seguito della lettura di una missiva a firma di Adelchi Sergio, recapitata al sindaco della città Antonio Musarò, con la quale l’imprenditore comunica di dare ampia disponibilità all’uso dei suoi opifici alle aziende che intendono investire nel territorio per rioccupare i lavoratori licenziati.
Alla luce quindi di questo messaggio, tutte le vie sono bloccate e non esistono percorsi alternativi all’assunzione nello stesso gruppo aziendale di provenienza. A sostegno dei cassintegrati scendono in campo anche i sindaci del territorio, alcuni dei quali propongono di chiudere le sedi municipali per mezza giornata al fine di smuovere le acque, adottando una forma di lotta per bloccare l’attività politico-amministrativa nelle varie comunità. Segno evidente che il problema è assai sentito anche dagli enti locali per far fronte comune a difesa dei posti di lavoro, nonché alla disponibilità di portare avanti una linea unitaria.
Si sta infine valutando l’ipotesi di un’autoconvocazione a palazzo Chigi, sede del Consiglio dei Ministri, per manifestare il dramma della disoccupazione nel Salento. Insomma, quando sembrava che nei primi giorni di ottobre scorso si fosse firmato l’accordo nella sede della presidenza della Giunta regionale della Puglia per porre fine ad una situazione paradossale, che da anni si abbatte sui lavoratori, tutto ritorna come prima. Gli organi di governo locale, che stanno affrontando la questione e che si stanno muovendo con determinazione, sono consapevoli che vi è solo una condizione per trattare con la proprietà dell’azienda: il ritorno, anche progressivo, degli operai al lavoro. Un caso nazionale che deve essere affrontato prima che sia troppo tardi.
Giovanni Nuzzo