Condussero a Gesù un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. Portandolo in disparte lontano dalla folla, gli toccò gli orecchi e la lingua, emise un sospiro e disse: “Effatà, cioè apriti”
Sono appena tornato da un pellegrinaggio a Fatima e a Compostela, e vi comunico la piena di emozioni in questi luoghi chiamati a ragione santuari, perché si respira, si vede e si sente la santità di Dio, di sua Madre e dei Santi. Quella parola “effatà”, detta da Gesù, non è una parola magica ma indica la realtà del mistero che attraversa tutta la nostra vita. È stata detta per ciascuno di noi nel nostro Battesimo, quando il sacerdote ha ripetuto la parola e il gesto di Gesù dicendo: “Il Signore Gesù che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola e di proclamarla con le tue labbra”. Sarete curiosi di sapere cosa ho visto in questi santuari: a Fatima, sull’Oceano Atlantico, mi ha colpito la fede semplice ed austera della gente che percorre l’ultimo tratto verso il luogo delle apparizioni ai tre pastorelli, camminando in ginocchio! A Compostela mi ha colpito la presenza di tanti giovani che arrivano dopo un cammino fatto a piedi per venerare l’apostolo Giacomo, primo martire tra i dodici. Il Vangelo del sordomuto guarito si chiude con il Maestro che impone il silenzio sul miracolo, ma più lo chiedeva e più essi ne parlavano. “Effatà” significa in definitiva rompere questa congiura del silenzio sulla fede cristiana, non vergognandosi di Gesù e del suo Vangelo ma parlandone coraggiosamente, magari con la gradualità suggerita da San Francesco nella Regola ai suoi frati: 1) essere garbati e cortesi con tutti; 2) dire parole che aiutano, riconciliano e risanano; 3) esporre la propria vita per il Vangelo sino al martirio. I Santi hanno fatto proprio così. Amici di Belpaese, provateci anche voi!
Frate Domenico Francavilla