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“Vuoi fare la badante? Devi essere disponibile”

Soprusi e minacce: la drammatica storia una donna rumena giunta in Italia per lavorare come collaboratrice domestica 
 
Dalla Romania al Salento in cerca di lavoro. Ma ciò che una badante rumena di 43 anni trova in Italia è una sequenza di soprusi e violenze che in pochi mesi trasformano la sua vita in un incubo. Anna (nome di fantasia, ndr) è arrivata in Italia quattro anni fa, lavorando in diversi centri della provincia. Tre mesi fa muore l’anziano che accudiva a Nardò. Si ritrova quindi disoccupata. 
Un Centro per l’Impiego della provincia le fa avere il recapito di un anziano di Casarano, che ha bisogno di assistenza domiciliare. Dopo solo quattro giorni la donna viene cacciata senza essere pagata. Anna non sa dove andare. Torna a Nardò: dorme in strada, tra i suoi trolley, nei pressi della centralissima piazza Castello. Un ottantenne del posto, venuto a conoscenza della sua storia, spiega che può lavorare da lui. L’odissea sembra finita. Ma tre giorni dopo l’anziano la riaccompagna in un bar, scaraventandola fuori dall’auto. I titolari assistono alla scena e chiedono spiegazioni. L’anziano risponderà senza remore che la donna era restia a praticargli “massaggi” e si rifiuta di pagarla. 
Nel frattempo arriva l’avvio di conclusione delle indagini per un 52enne accusato di stalking nei confronti di una giovane polacca. È lo stesso che, stando al racconto di Anna, ha minacciato e perseguitato anche lei. La Caritas locale promette di impegnarsi a cercare una soluzione. Le suore affermano di non avere un posto per ospitarla. L’Assessorato ai Servizi Sociali, informato della vicenda, ha ospitato Anna a proprie spese in un B&B per alcuni giorni. Ai volontari che le offrono un posto-letto e del cibo risponde: “Non è giusto che tu paghi per me. Io voglio i miei soldi e comprare cibo da sola”. Già, perché Anna deve ancora ricevere i soldi da parte di chi, in questi mesi, l’ha sfruttata per poi cacciarla appena scoperto che “badante” e “prostituta” sono due mestieri diversi. 
La beffa finale risale ai giorni scorsi: Anna, dicevamo, lavora in Italia dal 2008. Ma i contributi previdenziali che le sono stati versati in questi anni sono pari a zero. L’ennesimo dettaglio inquietante di questa vicenda. Sul piano giudiziario la vicenda andrà avanti. Un sindacato si è fatto avanti per aiutarla nell’assistenza legale. Ma, si sa, sono tempi molto lunghi. 
 
Stefano Manca