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Sulla Consal l’ombra della Copersalento

La storia dell’opificio magliese e del suo abbattimento dopo anni di battaglie
 
Intorno alla Consal di Muro non può non esserci lo “spettro” della Copersalento. È troppo recente infatti la vicenda che in breve tempo divenne un caso nazionale trovando risalto persino nei media nazionali. L’opificio sorto alla periferia tra Maglie e Melpignano, nato per la lavorazione della sansa e riconvertito come centrale energetica, fu oggetto di una forte campagna di opinione dovuta ad un’escalation di notizie: nell’estate del 2008 infatti furono rese pubbliche alcune analisi effettuate dall’Arpa regionale che dimostravano uno sforamento di oltre 400 volte il limite imposto dalla legge; nel marzo 2009 un successivo allarme diede notizia della presenza di una concentrazione doppia di diossina nel latte e nella carne degli animali della zona. 
Una vicenda che si trascinò per diversi anni, gestita in maniera poco lineare da tutti gli enti coinvolti. Intanto i dati dello sforamento del luglio 2008 furono sbandierati in maniera quanto meno incauta sui giornali. All’epoca il sindaco Antonio Fitto chiese come mai di fronte ad un dato, legalmente non opponibile, ma di oltre 400 volte superiore al limite di legge come quello riscontrato, non si procedette nel più stretto silenzio a ripetere l’esame invece di dichiarare pubblicamente la questione facendola conoscere alla stessa Copersalento. L’azienda infatti non diede mai l’autorizzazione a ripetere gli esami, opponendo danni tecnici agli impianti. Fu una situazione che non permise di intervenire con rapidità contro l’opificio ma che lasciò sempre un’ombra sulla validità dei dati in possesso. 
Nel 2009 emersero quindi i dati delle analisi sui campioni animali e sul latte: l’Amministrazione di Maglie emanò un’ordinanza, la n. 42 del 2009, in cui si ordinava alla ditta “l’immediata sospensione di ogni attività fino a quando non saranno effettuati tutti i più idonei interventi e procedure di pulizia delle condotte e dei filtri nonché di adeguamento dell’impianto”. Agli agricoltori e agli allevatori fu impedito di commercializzare carni o verdure provenienti dalla zona inquinata. Anche in questo caso la battaglia sia politica che amministrativa si combatté sulla validità degli esami e sulla loro interpretazione autentica: a farne le spese però oltre ai cittadini che vissero un’intera stagione di incertezza, anche gli allevatori che si videro sequestrare e abbattere intere mandrie, ottenendo risarcimenti non soddisfacenti, e i lavoratori della stessa Copersalento, che si trovarono tra l’incudine della salute e il martello della disoccupazione. 
Nell’agosto del 2010, iniziarono le procedure di smantellamento dell’opificio. I terreni però facevano ancora gola tanto che in Comune nei mesi successivi arrivò la proposta di poter avviare un fantomatico impianto per la produzione di sostanze cosmetiche derivate dalla coltivazione di microalghe con l’utilizzo di pannelli solari. Ma i timori di un nuovo mostro alle porte della città fece bocciare la proposta dalla Commissione.