Il regista Giovanni Albanese, nel Salento per le riprese di Senza arte né parte, ci racconta la sua passione per Palmariggi
Cinque anni fa il suo arrivo in paese è passato completamente inosservato. Sembrava, o forse lo era, uno dei tanti turisti alla ricerca delle bellezze del Salento più profondo, quello senza paillettes e lustrini. Quello contadino, della quotidianità, della normalità, della fatica. Aveva già in testa di girare un film Giovanni Albanese, ma non a Palmariggi. Ma ancora, allora, non conosceva il “suo” paese. Non aveva fotografato le volte di pietra leccese, il castello aragonese, i balconi baroccheggianti. Non aveva ancora passeggiato per la piazza, enorme, dove i bambini tirano i rigori sui muri della Chiesa Madre; dove i grandi, all’ombra, si divertono a tresette, alternando una giocata ad un bicchiere di vino paesano. Poi finalmente la scoperta e l’innamoramento. Il regista, quindi, non è più turista ma è un paesano, tanto da prendere casa a Palmariggi; una con le stanze a volta, a venti passi dalla piazza del paese. Un paese dove “il tempo sembra scorrere più lentamente e le stagioni quasi rallentano”. In casa sua, vicino al lavabo il calendario della raccolta differenziata, come fanno tutti i palmariggini. “Di questo paese -afferma Albanese- adoro i suoi profumi, i suoi piatti tipici, le sue melagrane, la sua gente cordiale, il rispetto che tutti hanno per tutti; tutto insomma proprio tutto. Pensa -ci dice mentre scendiamo per la piazza che tanto gli piace- che un giorno, quando ancora venivo qui di rado, nel presentarmi a dei forestieri una ‘compaesana’ disse che ero il ‘loro’ regista, come se mi avesse conosciuto da sempre”.
Cammina svelto il maestro Albanese e lo fa guardandosi attorno con gli occhi che gli brillano, come se fosse la prima volta che scarpina per quelle strade. E sorride gentile sempre. “Qui tutti conoscono tutti e ognuno ha qualcosa da raccontarti, oltre le telecamere. Questo è il Salento che mi piace di più; che ho voluto trasportare nel mio film: qualcosa oltre il Salento estivo, da copertina”. Mentre tocca a Vincenzo Salemme chiudere, da par suo, il nostro: “Ehi, giovanò! Scrivi anche che qui è bello e si mangia bene, anzi benissimo!”.