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Stasera si cena a casa mia

Con 649mila euro di fatturato la Puglia è al quarto posto tra le regioni italiane per diffusione di home restaurant, ossia la possibilità di mangiare ad un prezzo conveniente in casa di un cuoco (amatoriale o professionista) che cucina piatti tipici, e anche in Salento non mancano gli eventi di social eating, come dimostrano le inserzioni sul portale Gnammo.com. In particolare a Tricase Porto “Le Mamme del Borgo” hanno creato il primo caso di “ristorante diffuso” a chilometro zero 

 

Italiani, popolo di navigatori, santi, poeti e… cuochi. Tanti gli appassionati di cucina in giro per il nostro Paese, ognuno con la propria ricetta da ricordare e rinnovare. E allora mano ai fornelli, una passione che si lega bene con il relax, la voglia di cucinare cose buone e il gioco è fatto. Un buon primo, un appetitoso secondo, il dolce tipico, un bicchiere di ottimo vino e una grande tavolata intorno a cui fare conoscenza, scambiarsi pareri, idee, o semplicemente passare una bella serata in compagnia rappresentano poi il giusto contorno. 

Solo divertimento? No. Da un po’ di tempo è un business a tutti gli effetti. O quasi. Si chiama home restaurant, giusto per usare il termini inglesi che definiscono un fenomeno di tendenza, in crescita esponenziale in tutta Europa. Figurarsi in Italia, patria del cibo e del mangiare bene. In tempi di crisi economica perdurante, quando il ristorante a volte diventa un’alternativa di lusso, perché non preparare nella propria abitazione qualche buon piatto, ospitare gli amici, magari qualche turista straniero a caccia di prelibatezze nostrane, di gusti e sapori della tradizione facendo una sorta di colletta tra i partecipanti? 

Benvenuti nel fantastico mondo dell’home restaurant che diventa social eating, sostanzialmente l’arte del mangiare al tempo dei social network, non appena ci si affida a Internet per trovare la soluzione migliore, il menù più affascinante, preferibilmente a due passi da casa. Un clic su Gnammo.com, su Peoplecooks.com o su Eatwith.com, giusto per citarne solo alcuni dei portali più celebri, et voilà, si è già a tavola.

E la Puglia non poteva stare a guardare. Anzi, i cuochi casalinghi pugliesi sono appena sotto il gradino del podio, al quarto posto in Italia, dietro solo a Lombardia, Lazio e Piemonte. Una classifica che si ripete, invariata, anche per quel che riguarda il giro d’affari dell’home restaurant. Non si parla di cifre vertiginose, ma comunque di una tendenza su cui riflettere. I dati contenuti nel rapporto del Centro Studi Turistici, diffusi nei giorni scorsi dai media nazionali, parlano di una Lombardia che è riuscita a fare incassi per circa 1,9 milioni di euro, oltre un quarto del totale. Ma bene hanno fatto anche Lazio con 1,4 milioni di euro, e il Piemonte con 1,1 milioni di euro. La Puglia registra il miglior dato per l’intero sud Italia con circa 649mila euro di fatturato e un incasso medio annuale di poco più di mille euro a cuoco.

Un trend che si fa virtuoso anche a Lecce e provincia dove tanti sono i cuochi, professionisti o amatori, che aprono le proprie case a ospiti occasionali, un contributo spese per coprire l’acquisto dei vari ingredienti e una cena a chilometro zero, forse anche meno. 

 

Ecco le regole per aprire un “ristorante in casa”

 

Come si fa a trasformare il salone o il giardino della propria casa in un innovativo home restaurant?

La legislazione attuale non pone, in realtà, grandi limiti. Innanzitutto requisito fondamentale è che si tratti di un’attività lavorativa occasionale e come tale non richiede l’apertura di una partita Iva, come non è necessario recarsi presso il Comune di residenza per avere un cambio di destinazione d’uso dell’immobile. 

L’homer (l’esercente l’attività di home restaurant) deve rilasciare ai clienti una ricevuta e documentare le spese sostenute (fatture per acquisto di cibo e bevande. Un è quello economico, vale a dire non si deve superare la soglia dei 5mila euro lordi annui, oltre la quale scatterebbe l’obbligo contributivo. In questo modo non è indispensabile compilare una dichiarazione, anche ai sensi dell’articolo n. 1 del comma 100 della Legge Finanziaria n. 244 del 2008 per quel che concerne il lavoro domestico. Quando questo supera i 5mila ma rimane entro i 30mila euro annui si applica il regime agevolato dei minimi e per la dichiarazione dei redditi si compila il Quadro RL modello Unico (redditi derivanti da attività occasionale commerciale. 

Altra barriera da superare per chi voglia aprire un ristorante di qualsiasi tipo e che per gli home restaurant decade è, ovviamente, l’autorizzazione sanitaria dell’Asl, anche se dotarsi di un attestato di sicurezza alimentare sarebbe cosa saggia. Nel caso specifico, difatti, è sufficiente possedere i requisiti igienico-sanitari per l’uso abitativo previsti dalle leggi e dai regolamenti vigenti. 

Detto in soldoni, allo stato attuale dell’arte gli home restaurant non sono per definizione ascrivibili alla categoria degli esercizi commerciali per la preparazione e somministrazione del cibo in senso stretto, ma rappresentano una sorta di arrotondamento dello stipendio con un’attività extra, da svolgere in casa. Questo almeno quanto fino ad oggi consente la legge, anche se diversi sono i disegni e le proposte di legge (come il DDL n. 1.271 del 27 febbraio 2014) presentate di recente per regolamentare in maniera più certosina questo nuovo fenomeno dilagante. 

Dopo di che per avere un buon home restaurant serve il giusto spazio in casa, la passione per la cucina e una buona dose di ospitalità, capace di far sentire l’ospite a proprio agio in un clima familiare. Ed è proprio con le recensioni positive -e con il passaparola che si genera di conseguenza- che i cuochi professionisti e amatori si garantiscono il successo della loro attività. 

 

Alessio Quarta – foto: Gnammo.com