Dopo i nuovi rilievi compiuti dai tecnici, i pm Elsa Mignone e Antonio Negro hanno chiesto al Gip di convertire il sequestro della baia da probatorio a preventivo: persisterebbe il pericolo per la pubblica incolumità
Nuova fase della complessa vicenda riguardante la cala di Porto Miggiano. Sotto sequestro penale dallo scorso anno, la celebre baia così tanto ambita da turisti e residenti sembra destinata a rimanere chiusa ancora per molto tempo. Nei giorni scorsi è stata depositata una consulenza commissionata dalla Procura della Repubblica di Lecce a due esperti tecnici del mondo accademico che stanno seguendo dall’inizio la vicenda legata a Porto Miggiano: il professore Dino Borri, docente di Architettura e Urbanistica presso il Politecnico di Bari, e il professore Giuseppe Roberto Tomasicchio della Facoltà di Ingegneria Civile dell’Università del Salento. Il fascicolo è nelle mani dei sostituti procuratori Elsa Valeria Mignone e Antonio Negro, che sembrano intenzionati a convertire il sequestro da probatorio a preventivo.
La scelta dei due pm si basa sul contenuto della relazione presentata dai tecnici, dalla quale emergerebbe il persistere del pericolo per la pubblica incolumità. Con la richiesta del sequestro preventivo, Elsa Mignone e Antonio Negro vogliono così evitare qualsiasi possibile dispersione o distruzione di elementi che potrebbero rivelarsi utili a provare l’inefficacia dei lavori di consolidamento del costone roccioso e di messa in sicurezza terminati nel 2012, finanziati con un importo di 3milioni di euro provenienti dai fondi Cipe. Da verificare ancora con certezza, poi, se i lavori di realizzazione delle strutture ricettive nei pressi della discesa abbiano contribuito o meno all’indebolimento della falesia. Spetterà ora al gip Vincenzo Brancato decidere se accogliere o meno la richiesta presentata dai due sostituti procuratori.
Con queste premesse, i tempi per un eventuale dissequestro dell’area si allungano sempre di più e, quindi, per questa estate turisti e residenti dovranno rinunciare alla bellissima spiaggetta di Santa Cesarea Terme. D’altronde, già da più di una settimana il divieto di accesso alla baia, vigente dal marzo dello scorso anno, è stato rafforzato con transenne, cancelli, blocchi di cemento e un alta rete metallica. È dunque impossibile adesso raggiungere l’area, a differenza di quanto accaduto fino alle scorse settimane, quando i bagnanti riuscivano in qualche modo ad aggirare gli ostacoli (transenne, cancelli e blocchi di cemento) posti sull’accesso della scala che porta alla baia.
La rimozione dei sigilli è quindi una prospettiva ancora lontana, con buona pace del comitato “Custodi della Baia di Porto Miggiano”, i cui esponenti chiedono da circa un anno il dissequestro dell’area e che proprio nel giorno del deposito della relazione dei tecnici sono ritornati a protestare nei pressi della stessa baia; una manifestazione pacifica con la quale, anche attraverso slogan e striscioni, è stata chiesta la restituzione della spiaggetta di Porto Miggiano ai cittadini di Santa Cesarea Terme.
L’estate non è ancora terminata, ma Porto Miggiano sa che per il proseguo della stagione non potrà accogliere bagnanti e turisti, da sempre innamorati della baia.
Un anno e mezzo di “passione”
Da quasi diciassette mesi la cala di Porto Miggiano è chiusa all’accesso e alla balneazione, posta sottosequestro per ordine della Procura della Repubblica di Lecce. Da allora, l’Amministrazione comunale insediatasi lo scorso anno ha tentato più volte di convincere le autorità preposte alla rimozione dei sigilli. Dopo i rigetti dei pm Mignone e Negro e il successivo ad opera del gip Brancato, negli scorsi mesi è stata la Corte di Cassazione a non accogliere la richiesta di dissequestro parziale dell’area presentata dal comune costiero salentino; in quest’ultima occasione, l’amministrazione comunale tentava di porre un rimedio in vista della stagione estiva, ma l’organo giudiziario di Palazzo di Giustizia di Roma ha dato ancora una volta torto alle sue istanze.
Le più recenti vicende intorno a Porto Miggiano sono partite il 20 marzo 2013 quando il Corpo Forestale dello Stato, su richiesta della Procura, ha posto i sigilli che hanno decretato il sequestro penale dell’area e che hanno interessato non solo la falesia, ma anche la zona interessata dai lavori di edificazione, i quali erano già stati alla base di polemiche e battaglie legali negli anni passati.
Le indagini messe in atto in seguito al sequestro hanno portato all’iscrizione nel registro di tre persone: il direttore dell’Ufficio tecnico del Comune di Santa Cesarea Terme, Salvatore Bleve, il direttore dei lavori, Daniele Serio, e la titolare dell’azienda che ha svolto i lavori di consolidamento e messa in sicurezza, Maria Grazia Doriana.
Alessandro Chizzini