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Polizia Postale: “La parola d’ordine? Sensibilizzare e prevenire”

Il sostituto commissario Luigi Toma, responsabile della Polizia Postale di Lecce, ha rilasciato delle dichiarazioni ad uso promemoria per tutti i correntisti, sia postali che bancari, che potrebbero cadere vittime del phishing: “Bisogna partire dal presupposto -spiega il dottor Toma- che Poste Italiane non regala soldi, bonus o altro. Quantomeno non comunica con il cliente attraverso Internet. Il sito di Poste Italiane è uno spazio ad uso del cliente per effettuare, esclusivamente di sua spontanea iniziativa, transazioni, o per fare controlli generici. Ciò che Poste Italiane fa attraverso Internet è mandare messaggi di notifica. Se ha qualcosa da comunicare manda una raccomandata al cliente chiedendogli di presentarsi negli uffici. Niente di più. Purtroppo quando il cliente vede il logo di Poste Italiane, perfettamente riprodotto, casca nella trappola. I mittenti provengono dalla Korea, dalla Cina, dalla Russia. Lanciano migliaia di queste mail, e anche fossero due o tre i malcapitati, comunque fanno l’affare. A volte quelle mail contengono anche dei virus. In alcuni rari casi, si dice che Poste Italiane si sia assunto l’onere del rimborso. Tuttavia non è prevista alcuna assicurazione specifica. Piuttosto, Poste Italiane è la prima ad uscirne danneggiata nell’immagine. Qualche anno fa si poteva sospettare la truffa perché questi spam erano scritti in un italiano scorretto. Le ultime mail-truffe sono scritte invece con un buon italiano, quindi è difficile riconoscerle. Qualche anziano pensionato che riesce a barcamenarsi con Internet, magari sotto istruzione del figlio per permettergli di fare comodamente transazioni da casa, ci casca. Proprio qualche giorno fa un signore anziano ha fatto denuncia ai carabinieri perchè gli avevano prosciugato risparmi di 5mila euro. Spesso siamo riusciti a risalire ai mittenti ma il problema è che si arriva alla Korea, alla Cina, alla Russia. Una volta che si arrivati lì, che si fa? Intanto ci vuole una rogatoria internazionale, ci vuole l’intervento dell’Interpol: un’operazione troppo complessa. Nei paesi europei già sarebbe più facile. L’unica soluzione è fare molta pubblicità attraverso i media per informare la gente di tutte le forme sotto cui la truffa si può presentare. Spesso si presenta anche per i correntisti bancari sotto forma di minacce di falsi avvocati che ti accusano di inadempienza rispetto a un pagamento o a una mora. Una persona di fronte a minacce di mora o di processi che comunque costano, anche se non riconosce l’accusa, preferisce il quieto vivere e fa il versamento. I conti che il truffatore apre sono giornalieri, li apre e li chiude. Prende i soldi e chiude il conto. Sensibilizzare gli utenti: questa è la parola d’ordine. Nel caso in questione della ragazza di Lecce, si può certamente risalire al proprietario del Postepay su cui è stato fatto il versamento. Ma il problema è che si può aprire un postepay a nome Pinco Pallino con un documento falso. Quando apri un Postepay, la posta non chiede documenti. Non è un conto corrente. In linea di massima quei soldi sono persi, ammenocchè Poste Italiane non ritiene di volersi assumere l’onere del rimborso. E comunque è un’operazione lunga”.
Il direttore dell’ufficio postale della stazione di Lecce, conferma la rarità di questi casi di risarcimento dal momento che la responsabilità è addebitabile esclusivamente alla disattenzione del cliente. Un eventuale rimborso, a sua detta, sarebbe in un certo senso diseducativo.

 

Alessandro Tomaselli