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“Non uccidete i piccoli Comuni”

Salvatore Scarciglia, assessore alla Cultura dell’Unione dei Comuni “Spongano-Andrano-Diso” e già sindaco di lungo corso a Spongano, è molto critico verso quelle norme della spending review che rischiano di cancellare i piccoli centri italiani
 
La spending review si abbatte anche sui piccoli Comuni italiani. Dopo i tagli (in alcuni casi già realizzati, in altri per ora solo annunciati) a Regioni e Province, adesso le prossime “vittime” potrebbero essere le piccole realtà municipali italiane. A questo proposito interviene Salvatore Scarciglia (nella foto), attualmente assessore alla cultura dell’Unione dei Comuni “Spongano-Andrano-Diso”. Scarciglia, giù sindaco per due mandati consecutivi a Spongano e capogruppo Cdl alla Provincia negli anni scorsi, da sempre addentro alle problematiche degli enti locali, è molto critico e chiede maggiore attenzione ed una inversione di marcia che miri alla tutela dei Comuni di minore dimensione demografica.
Venerdì scorso i rappresentanti dei piccoli Comuni si sono ritrovati a Roma per protestare. Quali sono le motivazioni che li hanno spinti a farlo?
Hanno giustamente protestato ancora contro quelle politiche nazionali miranti a porre in discussione non solo l’autonomia dei Comuni, ma la stessa possibilità di sopravvivenza di quelli più piccoli. In ballo c’è la questione Imu, il patto di stabilità, i tagli ai trasferimenti erariali, l’accorpamento coatto, la fiscalità locale, le riscossioni.
Cosa non va in questi provvedimenti?
Molti di questi provvedimenti ridurranno i Comuni a restare a pane ed acqua, oltre a perdere sovranità ed autonomia. E ci vuole poco a dissanguare le municipalità “minori”, oggettivamente più fragili. E poi si dimentica la storia dell’Italia, fatta di liberi Comuni, di campanili, di torri municipali, nati mille anni prima della nostra Repubblica. Le piccole amministrazioni locali hanno rappresentato e rappresentano l’Italia più viva, più solidale, più sana e trasparente, là dove l’occhio diretto del cittadino arriva prima di chiunque altro a stigmatizzare in maniera chirurgica comportamenti e gestione della cosa pubblica, dove il “primo cittadino” è davvero considerato  alla pari, un primus inter pares. E poi ancora ci si dimentica che la Costituzione sancisce come l’Italia si divida in Comuni, Province e Regioni.
Non ritiene che siano comunque necessari dei tagli agli sprechi?
Non è soffocando i Comuni più piccoli che si dà maggior respiro all’economia nazionale, né gli sprechi della politica si annidano nel ridicolo gettone di presenza di 15-20 euro lordi del consigliere comunale che nella sperduta periferia dà anima e corpo per la propria comunità rispondendone direttamente ai propri cittadini. I tagli vanno fatti altrove e senza demagogia!
L’impressione dei cittadini è che la politica non voglia tagliare costi e privilegi.
Ha senso eliminare vizi e cose superflue, ma non smembrare, tagliare ed accorpare in un’azione asettica ed a volte insensata e forsennata. La congiuntura economico-finanziaria dell’Europa e dell’Italia è critica e sono comprensibili le misure adottate dai governi nazionali. Ognuno dovrà fare la sua parte per uscire fuori dal tunnel e vedere la luce. Anche i piccoli Comuni lo stanno facendo, obbligandosi, come già previsto dall’ art.19 del DL 95/2012, all’esercizio associato di funzioni e servizi comunali a partire dal primo gennaio prossimo, con le stesse risorse economiche e con lo stesso personale.
Quale sarebbe la gestione ideale di un piccolo Comune? 
Sicuramente i piccoli Comuni devono ormai passare attraverso la gestione consortile o associata di molti servizi, come peraltro già previsto dal succitato art. 19 della spending review o revisione della spesa pubblica, privilegiando a mio avviso le Unioni dei Comuni, ma non si può dividere l’Italia in due polarizzando l’attenzione ed investendo massicciamente ed a peso morto verso le grandi città o le istituende aree metropolitane, e lasciando i piccoli Comuni a languire in angusti ruoli folcloristici come in una specie di eutanasia, di dolce morte, assistita dallo Stato. Si tenga presente che i 5.683 Comuni con popolazione al di sotto dei 5mila abitanti devono gestire il 54% del territorio nazionale, le relative infrastrutture e servizi con pochi fondi disponibili e soprattutto con costi e gettito tributario ed entrate diversi da quelli delle grandi città. L’attenzione e le valutazioni  devono quindi essere diversificate, ma non qualitativamente diverse, a seconda che si tratti di piccoli paesi o di metropoli. 
Cosa chiedete al Governo centrale? 
Qualcosa si sta muovendo, ma si chiede  attenzione costante e tutela continua verso il buon governo delle periferie, verso quelli che non a caso il presidente Napolitano ha recentemente definito “la nostra istituzione di più antica e radicata tradizione storica, il fulcro dell’autogoverno democratico”, i piccoli Comuni. 
 
Stefano Manca