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Non solo Apollo: a Lecce sono molti i beni architettonici in attesa di restauro

Sant’Anna, il fossato del castello Carlo V e l’ex Istituto Margherita sono alcuni degli edifici storici che potrebbero essere valorizzati o destinati a sede di uffici comunali 

 

“Finalmente giunge a compimento un percorso cominciato anni fa con Raffaele Fitto, allora presidente della Regione Puglia, e Adriana Poli Bortone, sindaco della città in quegli stessi anni. Il teatro sarà un gioiello di tutti. Il nostro impegno sarà quello di attrarre il maggior numero possibile di turisti. Quella del restauro del patrimonio pubblico è una strada da continuare a tutti i costi ed ora siamo in attesa dei lavori a Sant’Anna e soprattutto di realizzare il sogno di portare alla luce il fossato del castello Carlo V”. Queste parole dell’assessore ai Lavori pubblici, Gaetano Messuti, non solo esprimono soddisfazione per il recupero dell’Apollo ma rappresentano una dichiarazione d’intenti da parte di Palazzo Carafa in merito al restauro di altri beni architettonici a Lecce. 

Il capoluogo salentino, nel corso della sua lunga storia urbana, si è rigenerato più volte su sé stesso e in alcuni casi ciò ha comportato lo stravolgimento e l’abbattimento di edifici storici anche importanti. A Lecce, in materia di edifici pubblici da restaurare, molto c’è da fare e non sorprenderebbe se anche questo diventasse un tema importante per i protagonisti della prossima campagna elettorale. 

Qualche giorno fa si è tenuta un’importante conferenza stampa in cui il sindaco uscente Paolo Perrone, nella sua ultima presentazione del bilancio, ha annunciato che la prossima Amministrazione avrà a disposizione una cospicua cifra da impiegare a beneficio dei cittadini. Alla conferenza era presente anche l’assessore al Bilancio Attilio Monosi, il quale ha sottolineato che questi denari, provenienti da una causa fra Comune di Lecce e Stato, potrebbero incidere sul piano delle alienazioni. Altro aspetto importante sollevato da Messuti è il problema degli uffici comunali disseminati nel territorio per carenze di spazio. È chiaro quindi che il tema del restauro acquista, sotto queste considerazioni, un nuovo aspetto. Restaurare vuol dire, prima di tutto, evitare di consumare nuovo suolo (le statistiche ci informano che abbiamo ‘cannibalizzato’ il paesaggio ben oltre ogni ragionevolezza), oltre che portare alla luce il proprio passato.

 Se tutto questo è vero allora il primo pensiero andrebbe all’ex Istituto Margherita (nella foto, già convento settecentesco di San Giovanni di Dio) in pieno centro storico e di proprietà comunale. Evitare di alienarlo e reimpiegarlo per destinarlo ad uffici comunali potrebbe essere operazione virtuosa economicamente prima ancora che culturalmente. 

 

Fabio Antonio Grasso