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Nardò, diario di una giornata con i “lavoratori delle angurie”

Una nuova comunità autogestita è sorta nelle campagne tra Nardò e Lecce, dopo la conferma che la Masseria Boncuri resterà chiusa. Ma il Comune garantirà acqua potabile e bagni chimici 

 

Le stime parlano di circa 800 braccianti extracomunitari che da settimane vivono a Nardò in condizioni di estrema precarietà, umana e lavorativa. La chiusura della Masseria Boncuri, che fino a un anno fa ha ospitato i lavoratori garantendo i servizi base (dormitori, acqua, luce), è ormai un’amara realtà. Ma il business delle angurie -un affare a Nardò da milioni di euro- deve andare avanti. Ecco quindi che i braccianti arrivano comunque in città ed eleggono a proprio alloggio una falegnameria dismessa (nella foto), nel cuore della campagna tra Nardò e Lecce. È qui che alcuni volontari neretini si recano ogni giorno rassicurandosi delle condizioni di salute dei lavoratori e delle loro esigenze primarie. 

Tra i migranti però -ci preannunciano i ragazzi- non è affatto escluso che si mescolino i ben noti caporali, che fingendosi “ultime ruote del carro” si avvicinano a fare domande e capire le reali intenzioni “dell’uomo bianco”. Quando i ragazzi assicurano che si tratta solo di volontariato, i migranti si tranquillizzano. Alcuni continuano tranquillamente a giocare a carte. Altri si allontanano alla vista della macchina fotografica. Uno di loro, al contrario, ci fa da Cicerone. Si chiama Yassine, viene da Tunisi ed ha quasi trent’anni. Ci invita a seguirlo in un vicolo. Gli chiediamo se anche lui si occupa della raccolta delle angurie. “No”, ci dice sorridente. Scopriamo infatti che Yassine nel campo fa il barbiere. Dietro una tenda è posizionato una vecchia sedia che fa da poltrona per i suoi clienti. Per un euro Yassine fa barba e capelli. 

Al primo piano della falegnameria dismessa si affaccia una donna, probabilmente una prostituta, che saluta mentre stende i panni sul balcone pericolante. Molti migranti dormono nell’uliveto di fronte alla falegnameria, suddivisi per etnie. Nel frattempo la notizia arriva e si diffonde rapidamente tra i lavoratori: il Comune ha deliberato che nel giro di poche ore avranno acqua potabile e bagni chimici. Giusto il tempo, rapidissimo, per ringraziare e poi subito a lottare con la logistica. La cisterna sarà meglio posizionarla qui o lì? È questo oggi il nuovo interrogativo al campo, in un torrido pomeriggio di luglio.

 

Stefano Manca