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Maria Luisa Toto: “La violenza contro le donne? Nasce da una cultura e una mentalità sbagliata”

Da 17 anni in prima linea nel sostegno alle donne vittime di violenza, Maria Luisa Toto non usa mezzi termini: “Non ci sono uomini violenti sui quali sperare che possano essere redenti”

 

Nata il 23 novembre 1998 l’Associazione Donne Insieme Onlus sin dall’inizio è stata e continua ad essere un punto di riferimento per tutte quelle donne che subiscono violenze, fisiche, psicologiche, economiche. Da qui nasce il Centro Antiviolenza “Renata Fonte”, dal nome di una donna salentina simbolo di lotta e di resistenza. Tante le attività proposte a partire dagli incontri con le scuole, con i ragazzi e con le ragazze che saranno uomini e donne di domani, chiamati a superare ogni divergenza senza perdere mai di vista il rispetto dell’altra persona. All’insegna di una rivoluzione culturale che tenga conto dei diritti umani e che, per ora, stando al Rapporto Annuale del 2015 diffuso dal Centro Antiviolenza di Lecce, è lontana dal realizzarsi. 

A tracciare un bilancio di 17 anni di attività ininterrotta dell’Associazione e del Centro Antiviolenza è la presidente, Maria Luisa Toto (nella foto). 

Toto, quanto è stato fatto e quanto c’è ancora da fare dopo 17 anni di attività? 

Tanto si è fatto, ma tanto c’è ancora da fare. Il nostro obiettivo sin da quando siamo nate è stato quello di promuovere la cultura della legalità e della non violenza sul territorio salentino attraverso dei servizi e delle azioni concrete perché amiamo parlare di concretezza. Non abbiamo mai amato la retorica, la superficialità, la demagogia, le parole vuote, forse proprio perché siamo donne. Abbiamo lavorato sulla prevenzione che abbiamo sempre pensato debba essere realizzata con le nuove generazioni perché crediamo che i giovani possano avere un’azione socio-educativa e sono permeabili. Quindi attenzione alle nuove generazioni, alla scuola, ai ragazzi e alle ragazze di questi territori. 

Dove nasce la violenza contro le donne? 

La violenza affonda le sue radici nella discriminazione di genere quindi è un fattore culturale. Per gli adulti noi non crediamo nella redenzione, lo dico in maniera molto serena e molto pacata sulla scorta della nostra esperienza. Non ci sono uomini violenti sui quali sperare che possano essere redenti. Con gli adulti si dovrebbe fare un lavoro di destrutturazione e ristrutturazione. Noi investiamo le nostre energie ad aiutare le vittime di questi mascalzoni e a fare la prevenzione presso i giovani. Per quanto riguarda, invece, il maltrattante, deve essere denunciato, giudicato e deve essere condannato perché le donne vittime di violenza hanno bisogno e hanno il diritto di riprendersi serenità e giustizia. Non puntiamo sulla repressione, attenzione, ma sulla protezione della vittima e sulla  giustizia. 

Che ruolo devono avere le Forze dell’ordine e la Magistratura?

Hanno un ruolo importantissimo sia le Forze dell’ordine, sia la Magistratura che dovrebbero lavorare e collaborare in rete con tutti i Centri Antiviolenza legati e collegati alla Rete nazionale. Ma ancora c’è tanto da fare: bisogna puntare sulla formazione, un fenomeno per prevenirlo e contrastarlo bisogna conoscerlo. E ancora non conosciamo questo problema a fondo. Non si conosce il profilo della vittima, non si conosce il profilo del violento. Non è una persona malata, non ha nulla di patologico; è semplicemente una questione di cultura e di mentalità.

Queste le criticità che emergono tutt’oggi, ma cos’è cambiato in questi 17 anni?

È cambiata la consapevolezza della donna che adesso si fida delle donne, dei Centri Antiviolenza, delle professioniste amiche. Vuol dire che nel momento in cui una donna varca la soglia di un Centro Antiviolenza deve scattare verso questa donna una solidarietà tutta al femminile e una grande professionalità intrisa di empatia. Se questo non c’è non possono essere operatrici di un Centro Antiviolenza. Noi non crediamo che i Centri Antiviolenza possano essere gestiti dal pubblico proprio perché manca la solidarietà, manca l’empatia.

Qual è la situazione di oggi nella provincia di Lecce?

La racconto attraverso una giornata tipo. Ieri alle 8.20 abbiamo ricevuto la prima telefonata di una donna vittima di violenza che ha già chiamato altre volte, ma ancora non ha maturato il coraggio di fare quel passo. Alle 10.30 arriva un’altra telefonata, sempre in emergenza, che abbiamo ascoltato altre volte attraverso telefonate, ma non ha ancora trovato il coraggio di fare quel passo. La media è sempre di due nuovi ascolti e di due nuove situazioni di violenza al giorno. 

Sembra quasi un’emergenza sociale. 

Questo stato di cose è una questione di Stato. Troppe sono le donne uccise, maltrattate, violate, umiliate, denigrate, perseguitate. Basta! Lo Stato deve intervenire in maniera seria e concreta, creando task force su tutto il territorio. E non con gli spot che vogliono ancora umiliare la donna. Non spendiamo soldi per questo, bisogna sovvertire e cambiare la mentalità.

Dalle ragazze giovani avete un feedback positivo o c’è ancora diffidenza?

Se si fa un buon lavoro le giovani ti cercano, cercano te Centro Antiviolenza per essere accanto a te per fare cultura. Ma attenzione: bisogna dare i messaggi giusti, perché ci sono tante giovanissime vittime di violenza. Bisogna fare un buon lavoro nelle scuole perché se si lanciano i messaggi corretti loro possono essere le guerriere di domani. 

 

Alessio Quarta