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Cultura è non violenza

Il rapporto annuale sulla violenza contro le donne diffuso dal Centro “Renata Fonte”, insieme ai dati della Questura di Lecce sullo stalking, fotografa una situazione drammatica, in cui sono ancora troppe le vittime di violenza fisica, sessuale e, soprattutto, psicologica. Secondo Maria Luisa Toto, presidente dell’Associazione “Donne Insieme”, da 17 anni in prima linea a Lecce, la violenza di genere è figlia di una cultura sbagliata: oltre a garantire la sicurezza e la serenità delle vittime, occorre intervenire per modificarla. A cominciare dai giovani  

 

Una rivoluzione culturale in grado di garantire alla donna un’adeguata protezione e tutela contro ogni tipo di violenza, al di là di ogni forma di retorica e di slogan semplicistici che spesso vengono veicolati attraverso i mezzi di comunicazione di massa. Fondamentalmente è questo il senso della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne che viene celebrata ogni anno, il 25 di novembre.

Ed è questo il messaggio che viene lanciato dal Centro Antiviolenza “Renata Fonte” di Lecce, gestito dall’Associazione Donne Insieme, che in questi giorni celebra il suo 17esimo compleanno fatto di impegno, di lotta, ma soprattutto di prevenzione tra le nuove generazioni sul tema della violenza sulle donne. 

I numeri diffusi e inerenti l’Ambito Territoriale Sociale di Lecce, d’altronde, fanno molto riflettere. Nel 2015 sono state ben 231 le donne che si sono rivolte al Centro “Renata Fonte” per chiedere aiuto dopo aver subito una violenza; 195 i colloqui personali con le operatrici che hanno ascoltato ed accolto le esperienze ed il vissuto delle donne, sostenendole nella elaborazione di un proprio personale progetto per affrontare la situazione di disagio, aiutandole ad individuare le risorse necessarie, i tempi, i modi atti a superare la condizione problematica di violenza; 118 coloro che hanno richiesto una consulenza e un sostegno psicologico. 

E non si tratta di numeri freddi, tutt’altro. Sono numeri che parlano di una realtà “caldissima” che non va affatto trascurata, sottaciuta e che, anzi, va combattuta in ogni modo. A partire dalle nuove generazioni, da chi sarà il cemento delle relazioni future. Perché la violenza che una donna subisce arriva troppo spesso dal partner o da un ex (addirittura nel 90% dei casi), dai familiari o conoscenti (9%) e nell’1% dei casi da estranei. 

Ed è una violenza che è sì fisica (24%), sì sessuale (15%), ma come emerge dal rapporto annuale diffuso dal Centro “Renata Fonte” è soprattutto psicologica, economica (61%). Si genera così “perdita di autostima, ansia, insonnia, disturbi alimentari, paura per la propria vita e quella dei propri familiari, autocolpevolizzazione, profondo senso di impotenza dovuto anche alla non autonomia economica”. 

Per tenere accesa la luce su questa problematica il Centro Antiviolenza di Lecce ha diffuso in questi giorni la campagna di comunicazione “Scegli di Esistere”, mentre nei locali della sede in via Santa Maria del Paradiso n. 12 è ospitata la mostra fotografica “Protagoniste”, scatti biografici di 15 donne del Salento che vengono seguite dal personale dell’associazione. Una testimonianza, attraverso la  propria esperienza, di forza, coraggio e dignità, “perché dalla violenza si può uscire e ridiventare protagoniste della propria vita”. 

 

Vittime nelle mura domestiche 

 

I dati del Rapporto annuale diffuso dal Centro “Renata Fonte” non si esauriscono dietro la fredda matematica, dietro a un semplice elenco. Raccontano centinaia di storie, di sofferenze, ognuna col proprio volto, ognuna con la propria anima. Tutte segnate dalla violenza, dalle percosse, dalla persecuzione, dal ricatto, dalla ghigliottina economica che nega loro la libertà di essere donne, spesso anche di essere madri. 

Viviamo in una società ancora oggi fortemente tradizionalista, ricordano dal Centro “Renata Fonte”. Una società in cui si ha ancora una certa paura a denunciare per timore che violenza chiami violenza. Il 72% delle donne che hanno subito una qualsiasi forma di violenza, infatti, lascia passare qualche mese, addirittura anni prima di denunciare il proprio partner, marito o compagno o fidanzato che sia. Una paura che va combattuta e per cui rivolgersi a personale qualificato come quello di un Centro Antiviolenza, oltre naturalmente alle Forze dell’ordine, è l’unica via di salvezza per impedire che quella violenza continui. Per fermare chi con le proprie mani, le parole, gli atteggiamenti crea dolore e sofferenza.

Nel 18% dei casi si fa passare qualche giorno, solo nel 10% alla vittima serve qualche ora prima di decidere di fare il passo necessario: quello della denuncia. E quella della violenza è una problematica che non risparmia nessuna donna, in nessuna età. Dai 18 ai 70 anni, senza alcuna distinzione. Proprio laddove dovrebbero essere protette, nella propria abitazione, subendo violenza dalla persona con cui si è sposati o si condivide un percorso di vita assieme.  

Il 68% delle donne che si sono rivolte al Centro Antiviolenza sono donne coniugate, il 20% separate, il 12% nubile. Ma quel che più colpisce è che una violenza che agisce, direttamente o indirettamente, anche sui figli. “Quando un bambino/a assiste ad una violenza su una persona per lui/lei fondamentale come la madre -si legge nel Rapporto 2015- vive un trauma e avrà delle conseguenze uguali a quelle di un bambino che abbia subito direttamente maltrattamenti e violenza”.  

L’ultima considerazione da fare è legata all’aspetto economico: il 95% delle donne che si rivolgono alle operatrici del “Renata Fonte” non dispone di un reddito proprio e si rivolge al Centro per avere benefici economici. Il restante 5% ha un reddito, ma non può gestirlo liberamente.

 

Alessio Quarta