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Mal di Tac

Il caso della donna affetta da tumore obbligata ad aspettare fino al 2017 per un esame al “Fazzi” è solo l’ultimo in ordine di tempo. Le cause? Scarsità di personale e orari ridotti per l’utilizzo dei macchinari 

 

Troppo spesso, purtroppo, bisogna fare i conti con i disservizi di un sistema sanitario che fa acqua da tutte le parti. La questione diventa grave se si pensa che a pagare il prezzo delle disfunzioni organizzative debbano essere uomini e donne affetti da patologie gravi. Proprio negli ultimi giorni, infatti, si è assistito a una situazione indecente, in cui nessuno dovrebbe ritrovarsi: una cinquantenne di Campi Salentina, malata di tumore, ha legittimamente chiesto di poter effettuare una Tac urgente (entro tre giorni), proprio come la prescrizione del medico di famiglia richiedeva e reputava necessario. A quanto pare, però, la donna si è vista rispondere che prima del 2017 non sarebbe stato possibile sottoporsi all’esame. La donna, allora, ha deciso di ricorrere al Tribunale dei Diritti del Malato. 

Il coordinatore provinciale di Tdm – Cittadinanzattiva, Gianfranco Andreano, ha sottolineato l’urgenza con la quale la paziente malata di cancro avrebbe dovuto eseguire l’esame diagnostico, come appunto segnalato e ritenuto opportuno dalla ricetta rossa (codice di priorità B) del medico di famiglia. Lo stesso Andreano ha ammesso che la situazione in Salento è precaria, e che quindi è molto difficile accorciare le liste di attesa. Oltre all’insormontabile problema economico, ci sarebbero, infatti, una serie di disagi che si frapporrebbero tra le richieste legittimamente urgenti dei pazienti e l’esame diagnostico: lo scarso personale, il problema del turn-over e degli straordinari sarebbero, per esempio, alcuni degli aspetti più scottanti che ostacolano la corretta organizzazione del sistema e uno smaltimento funzionale delle liste di attesa. 

Inoltre le macchine per la Tac lavorerebbero massimo 6 ore al giorno, ad eccezione di quelle pressi i reparti di Radiologia e Neuroradiologia del “Fazzi” e negli ospedali di Tricase, Casarano e Gallipoli che funzionano per 12 ore, con reperibilità notturne per le urgenze. Ma il caso della donna di Campi Salentina non sarebbe l’unico, in quanto vi sono altre due pazienti a cui è stato rifiutato l’esame con urgenza: in un caso la prenotazione richiesta il 10 novembre 2015 è stata fissata il 9 giugno 2017; nell’altro caso, per una richiesta fatta il 22 febbraio di quest’anno l’appuntamento è stato fissato per il 20 ottobre 2017.

Come se tutto questo non bastasse, la paziente malata di tumore si è sentita anche replicare che non fosse vero quanto denunciato. La Asl di Lecce ha, infatti, smentito nei giorni scorsi di aver rifiutato due richieste di esame diagnostico, adducendo la motivazione per cui gli stessi pazienti avrebbero rifiutato l’esame in altre strutture. La cinquantenne di Campi ha escluso che al Cup le sia stata proposta una struttura alternativa al “Fazzi” e, soprattutto, che si sia rifiutata di accettarla. La paziente, che ha un problema di allergia, ha solo chiesto, infatti, di poter eseguire l’esame in una struttura pubblica perché voleva essere sicura che in caso di reazione allergica, ci sarebbero stati i mezzi per fronteggiarla.  Il singolo caso è comunque stato risolto con una risonanza magnetica, ma sono ancora tanti quelli da chiarire. 

 

L’Asl Lecce corre ai ripari con sedute pomeridiane straordinarie

 

Secondo quanto riportato dall’Associazione Salute Salento, in lista di attesa ci sarebbero 500 malati di tumore. Le richieste arriverebbero, inoltre, sia da unità interne che da pazienti esterni, e la strutture ospedaliere non riesce a rispondere in maniera urgente e tempestiva alla mole di richieste. Cesare Mazzotta, presidente dell’Associazione, ha ricordato come la situazione era già nota dall’inizio dell’anno è ha analizzato le cause che rendono quasi inevitabili questi disservizi. La risposta sembrerebbe annidarsi nella mancanza di personale, ossia i tecnici di radiologia e qualche medico. Oltre ai malati di tumore, questa è una questione che riguarda anche, e forse soprattutto, i pazienti ricoverati nella struttura che non possono appunto essere dimessi perché manca loro l’esame diagnostico finale tramite Tac. Questo porta a un’occupazione prolungata dei posti letto e un aggravio medio di spese per l’Azienda ospedaliera, a cui ogni giorno di degenza costa circa 600-700 euro. 

Per smaltire la lista di attesa dei malati oncologici, la direzione della Asl ha deciso di ricorrere a sedute aggiuntive pomeridiane: con l’impiego del personale retribuito con lavoro straordinario e nel rispetto delle 11 ore di servizio continuativo, ogni pomeriggio si riescono a esaminare 7 pazienti. Ma la situazione rimane insostenibile per gli operatori sanitari, tanto che in questi giorni se ne sta appunto discutendo in sede sindacale. 

 

Federica Miggiano