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L’autunno caldo dell’università

Il rettore Domenico Laforgia e gli studenti dell’Università del Salento sono concordi: il disegno di legge Valditara penalizza gli atenei del Sud

 

C’è aria di burrasca nel mondo universitario salentino. Dopo il via libera del Consiglio dei Ministri al disegno di legge sulla riforma universitaria, avvenuto nelle scorse settimane, gli studenti dell’ateneo leccese sono stati tra i primi a reagire sul territorio nazionale, convocando un’assemblea permanente nel Rettorato per organizzare la protesta. Le associazioni studentesche che vi hanno preso parte hanno dato vita alla “Rete per la Pubblica conoscenza”, gruppo organizzato che punta a riunire tutti gli studenti sotto la bandiera comune dell’opposizione alla riforma, al di là di ogni logica associativa.
Il primo passo della Rete è stato quello di far sentire la propria voce ai piani alti dell’Università del Salento, intervenendo durante la conferenza d’ateneo di lunedì scorso, mentre il rettore Domenico Laforgia era intento a relazionare sullo “stato di salute” dell’ateneo salentino. Idee chiare tra i rappresentanti degli studenti su cosa non va nel disegno di legge Valditara: “Questa riforma prosegue nell’opera di smantellamento dell’università pubblica e a pagarne le conseguenze sarà il diritto allo studio -spiega Alessandro Martines, coordinatore dell’Udu-. Da un lato, la riforma della governance accentrerà il potere nelle mani del Rettore e renderà viceversa marginali le possibilità di azione di chi l’università la vive, ovvero studenti, docenti e personale tecnico. Dall’altro, aprirà per il 40% il Cda a membri esterni, favorendo il rischio di una privatizzazione e di una aziendalizzazione delle università”. Inoltre, c’è la preoccupazione che la riforma penalizzerà oltre modo le università del Meridione a scapito di quelle del Settentrione: “I criteri di meritocrazia adottati dalla riforma sono piuttosto discutibili -continua Martines-. Si valuterà la preparazione degli studenti sulla base di semplici test a crocette, trascurando totalmente la loro situazione reddituale. Non solo: la valutazione degli atenei, propedeutica all’erogazione dei finanziamenti, non terrà conto delle evidenti differenze socioeconomiche territoriali del nostro Paese”. 
Il rischio paventato è, dunque, quello di assistere ad un’ulteriore retrocessione del Sud anche sul fronte del mondo del sapere. Non è un caso che la protesta contro il disegno di legge abbia preso piede proprio dal Meridione: “Lecce è stato insieme a quello di Palermo il primo ateneo a reagire contro la riforma”, sottolinea Martines. Il Rettore La Forgia, però, è intervenuto a smorzare gli animi della protesta, precisando di essere alleato degli studenti nella lotta contro il disegno di legge: “Nel progetto di legge ci sono aspetti sia positivi che negativi. Sicuramente appare ridicolo che un Consiglio di amministrazione possa essere aperto per il 40% agli interessi di membri esterni. In questo modo si apre l’università anche all’influenza di certe correnti della politica e questo non va bene”. Laforgia, inoltre, sottolinea come susciti perplessità anche l’introduzione del numero programmato in tutti i corsi di laurea, misura che ovviamente va a scapito del diritto allo studio e favorisce le università private. Non tralascia, però, neanche di sottolineare gli aspetti positivi contenuti nella riforma, come il fatto di dare maggior potere ai rettori e di diminuire il numero dei senatori: “Il senato accademico della nostra università verrebbe ridotto da 40 a 25 membri -spiega Laforgia- mentre il Cda passerebbe da 15 a 9 membri. Fattore non trascurabile, che sicuramente ci aiuterebbe a lavorare meglio”.
In attesa di ottenere un confronto con il governo, la protesta studentesca continuerà la sua marcia. Prossima tappa il 9 novembre quando, in concomitanza con il giorno di  presentazione del disegno di legge in Senato, è stata programmata una manifestazione coordinata a livello nazionale.

 

Giorgio De Matteis