Dall’occupazione delle strade di Lecce salentino alla promessa dello sblocco dei pagamenti. Ma rimangono le ombre e le macchie dei migranti sfruttati nei campi fotovoltaici del Salento
Hanno caricato sulle spalle i tappeti e li hanno stesi su una delle strade più trafficate di Lecce, per una notte intera, mandando in tilt la città. Ma la protesta, per chiedere pane e rispetto, a quanto pare ha sortito i suoi effetti. Martedì gli schiavi del fotovoltaico avranno gli stipendi arretrati che sono dovuti loro. Alcuni aspettano tre, altri addirittura sette mensilità.
“Ho una bimba di due mesi e non riesco a comprarle il latte, fosse solo per me”, ci dice alzando le spalle un tunisino. Sì, si avvia a soluzione la questione dei pagamenti ancora dovuti ai circa 500 lavoratori migranti che la Tecnova, azienda spagnola ma con sede a Brindisi, ha impiegato per l’installazione dei parchi fotovoltaici nel leccese e brindisino. Da un lato la questione civilistica, dall’altro quella penale, quella per cui la Direzione Distrettuale Antimafia sta indagando per il reato di riduzione in schiavitù. Ma in questa settimana, almeno, ha iniziato a diradarsi man mano la nebbia delle scatole cinesi e delle possibili ombre criminali che finora hanno avvolto questa vicenda contorta.
Al tavolo convocato dal prefetto Mario Tafaro, infatti, si sono presentati all’improvviso, con la sorpresa di tutti, due rappresentanti di un fondo di investimento lussemburghese, il Global Solar Found, che ha messo concretamente i soldi, tanti, per la realizzazione dei parchi fotovoltaici per conto di una miriade di società. E ora li vuole mettere anche per pagare quanto dovuto ai lavoratori. Benvengano, se è per questo. Ma per il resto ci sono domande, molte, che si sollevano. E già. Perchè per capire chi deve dar conto ai lavoratori e alla legge, bisogna dire che Tecnova è solo l’ultimo anello di una catena. E che ha gestito subappalti per conto della associazione temporanea di imprese tra Ohl Industrial e la Proener Renovable. Le quali, a loro volta, hanno acquistato le autorizzazioni da almeno tre società, Apulia srl, Italgest Photovoltaic e Svp, che da quello stesso Fondo sarebbero in qualche modo partecipate.
Chi è e che fa il GSF? È un fondo di investimenti, controllato per l’80 per cento da Suntech, il colosso che è leader mondiale della tecnologia fotovoltaica. Ma i soldi appartengono ad uno dei principali istituti finanziari del pianeta, la China Development Bank Corporation, la Banca Cinese per lo Sviluppo. Il GSF spende e spande così 800milioni di euro per comprare impianti fotovoltaici al Sud, come, ad esempio, tutti quelli di Italgest.
E così qui sono arrivati capitali e nomi stranieri. L’altra faccia, insomma, della medaglia Tecnova, l’economia green che doveva portare sviluppo al Salento, alla sua imprenditoria virtuosa e alle braccia dei lavoratori.
Tiziana Colluto