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La fine della preistoria nel Salento e la nascita delle prime città 

Attorno al secondo millennio prima di Cristo avvenne nel Mediterraneo un fatto straordinario. Nelle località presso il mare fiorì una civiltà avanzata, di cacciatori ed agricoltori, che praticava una pastorizia stanziale e venerava una divinità femminile, la dea Madre, Medh, Eurinome, Ishtar. Una civiltà che aveva piena cognizione dei cicli della natura e della rivoluzione dei pianeti, avendo iniziato ad osservare il cielo ed i mutamenti che avvenivano nella natura nel corso dell’anno in relazione al mutare delle costellazioni e delle fasi della luna. Sulla base di monoliti e specchi d’acqua riuscivano a compiere con precisione calcoli astronomici, che garantivano una conoscenza profonda delle dinamiche della natura. Questa civiltà antichissima si sviluppò lungo le coste del Mediterraneo, mentre nella cosiddetta “mezzaluna fertile” si succedevano sul trono di Ur Urukagina e Lugalzaggesi, abbattuti con la forza di una tempesta da un popolo misterioso, gli Accadi, che provenivano dal Caucaso, e che, guidati dal leggendario re Sargon, diedero vita a sconvolgimenti migratori e culturali che diedero un nuovo corso alla Storia antica.
Intanto, però, nel Salento e nel Mediterraneo la civiltà pelasgica garantiva una civilizzazione comune ed armoniosa e, contemporaneamente agli insediamenti che sorgevano attorno a grotte e menhir, si sviluppò una vera e propria civiltà megalitica avanzata, con palazzi splendidi e re leggendari, in Sadregna, a Malta, nell’Isola di Creta e nell’Attica greca, dove predominava la Città di Micene, le cui mura erano dominate dalla splendida Porta dei Leoni. Il cosiddetto “periodo protopalaziale” vide probabilmente anche nel Salento uno sviluppo delle tecniche costruttive delle abitazioni, dal momento che i templi e le strutture sacre continuavano ad essere quelle del paleolitico e del neolitico, ossia le caverne naturali e gli altari sacri alla dea Medh. L’origine dell’architettura rurale salentina deve probabilmente ricondursi proprio a questo periodo, durante il quale nel resto del Mediterraneo, soprattutto in Sardegna ed a Malta, le comunità umane iniziarono progressivamente ad uscire dalle grotte per cercare delle abitazioni più sicure e più stabili.
Il modello costruttivo era ovviamente quello offerto della natura, alla quale si guardava con interesse e se ne tentava ovviamente di imitare, per quanto possibile, le strutture, come le grotte o gli accumuli di pietre a secco (nella foto), che caratterizzavano il paesaggio mediterraneo preistorico.
Le abitazioni comuni, utilizzate esclusivamente per ripararsi dalla pioggia e per dormire, svolgendosi la maggior parte della giornata all’aperto, occupati nell’agricoltura o nella caccia, dovevano essere il più possibile funzionali. La pianta adottata da queste primitive abitazioni fu quella che poteva dare al massimo l’idea della definizione spaziale, della protezione e della comprensione, ossia la circonferenza. Si iniziarono così a costruire le prime strutture in muratura a pianta circolare, pianta che caratterizzerà non solo le singole abitazioni, ma anche l’urbanistica delle primissime città indoeuropee e poi verrà ripresa nel medioevo per la sua migliore idoneità agli scopi difensivi, strutture all’interno delle quali doveva essere posto il focolare, che, oltre ad avere una funzione essenziale al riscaldamento,alla cottura dei cibi, alla lavorazione delle materie prime, aveva anche una funzione sacra. Nel centro stesso della circonferenza il pilastro che reggeva la volta della capanna, fatta di frasche e di fronde, a cui, nel corso dei secoli, si sostituì la volta a calotta in pietre a secco. Tale tipologia costruttiva rimarrà immutata nel corso dei secoli, permanendone le tracce fino ai giorni nostri nell’architettura rurale delle “pajare”, che oggi si sostiene siano stati costruiti esclusivamente in epoca moderna. L’estrema antropizzazione delle campagne salentine sin dalla preistoria e la capillare diffusione dei delle “pajare” testimonierebbe, invece, una loro preesistenza alla stessa epoca grecoromana, essendoci testimonianze di agglomerati urbani assimilabili a città in Terra d’Otranto esclusivamente in seguito alla colonizzazione messapica.
Probabilmente gli unici agglomerati urbani poterono ravvisarsi nei centri “politici” di una civiltà rurale sviluppata per lo più nelle campagne e lungo le coste, centri nei quali sarebbe dovuto sorgere, sul modello miceneo, un megaron, la residenza del Re. Il megaron era un locale di ampia metratura al centro del quale vi era il fuoco sacro, l’eskare, e nel quale aveva sede la corte del Wanax e dove il Re pastore, incarnazione del dio della caccia e del fuoco, riceveva i suoi ospiti. Il tetto era sorretto da quattro enormi pilastri, rappresentanti i quattro punti cardinali ed i quattro elementi della natura, posti ai quattro lati del megaron.
Tale tipologia costruttiva aveva Micene, così anche Cnosso, la capitale di Creta, così furono edificate le città della civiltà nuragica in Sardegna e così anche l’antica Ilio (Troia), che tra tutte queste antiche capitali, fu quella che ebbe, almeno sotto il punto di vista della fortuna letteraria, maggiore notorietà. Un megaron quasi sicuramente sarebbe dovuto sorgere nella capitale dei pelasgi salentini, Otranto o forse una città interna purtroppo scomparsa (quasi sicuramente venne ricostruita in varie epoche e la stratificazione delle costruzioni ne rende impossibile oggi l’individuazione).
Un palazzo reale per l’antico Re pastore, contemporaneamente autorità politica, massima autorità religiosa in quanto incarnazione del dio del fuoco e della caccia e capo dei primi rudimenti di un’organizzazione militare. Le armi, infatti, erano esclusivamente gli utensili utilizzati nella caccia, ossia lance ed archi e frecce, dal momento che il pugnale triangolare e la scure bipenne, simbolo arcano dei Pelasgi, avevano un ruolo religioso più che difensivo, essendo utilizzati nelle cerimonie sacre come strumenti per i sacrifici alla dea Medh. La scure bipenne divenne ben presto il simbolo dello stesso potere politico, essendo la stessa utilizzata nelle esecuzioni capitali e quindi strumento di giustizia.
Ben presto alle primitive schermaglie tra tribù per ottenere il predominio per i pascoli o per le terre da coltivare, al ver sacrum di intere generazioni, mandate a colonizzare nuove terre e nuovi continenti, si sostituirà la guerra con le terribili armi in bronzo forgiate ad Oriente ed a Creta, che non toccherà, almeno in un primo momento, l’agricolo e pacifico Salento, il quale non conobbe le devastazioni compiute in Mesopotamia dalla prima colonizzazione di una popolazione proveniente dal Nord, ma che ne verrà a contatto solo qualche secolo più tardi, allorquando verrà spodestata di fatto l’antica civiltà matrifocale pelasgica. Da questi secoli decisivi sorse l’Occidente classico per così come lo conosciamo grazie alle fonti letterarie più celebri dell’antichità. Fautori di un simile cambiamento epocale furono popoli provenienti probabilmente da un’aerea che si estende dalla Colchide alla Russia meridionale, dove fiorì la civiltà dei kurgan, il popolo della cultura delle asce da battaglia, gli indoeuropei.

 

Vincenzo Scarpello