Cerca

Il video incriminante

Per acciuffare l’attentatore gli inquirenti potranno far uso delle immagini dalle videocamere di sorveglianza. Occorre però agire con molta cautela per non commettere gravi errori di valutazione 
 
Gli abiti e la fisionomia sono visibili. Se l’attentatore di Brindisi, il vigliacco che ha voluto guardare l’orrore in faccia mentre l’innocenza varcava la soglia di una scuola, sarà individuato e consegnato alla giustizia sarà anche merito dei pochi fotogrammi sfuggiti ad una preparazione certosina, quasi da apparato militare. 
Si parte dall’identikit del presunto killer: un uomo apparentemente di mezza età, con indosso una giacca scura su camicia chiara dal colletto aperto, pantaloni chiari, scarpe da ginnastica. È appoggiato a un muretto. La mano sinistra preme un telecomando o qualcosa di simile. Immagini terribili che saranno scandagliate punto per punto per raccogliere particolari importanti. Un’operazione che richiede però tempo e che rischia di non essere presa benissimo dall’opinione pubblica: gli inquirenti hanno la necessità di procedere in maniera sì rigorosa, ma altrettanto rapida affinché la morte di Melissa non rimanga uno dei tanti misteri irrisolti dello stragismo italiano. E che di tentativo di strage di stampo terroristico si sia trattato lo ha confermato anche il Ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri. 
Le indagini quindi sono partite proprio dal video del chioschetto: immagini poco nitide e sfocate con una definizione del volto del 50%, che potrebbe essere migliorata attraverso un laborioso lavoro di editing. Dai fotogrammi però sono emersi lo stesso alcuni dati: si vede l’attentatore con una mano disabile, soprattutto nel momento in cui schiaccia il telecomando. Un punto fondamentale che rilancia l’ipotesi di un’azione compiuta da più persone: posizionare tre bombole di Gpl in un cassonetto e spostarlo davanti alla scuola rappresenterebbe un compito gravoso per un uomo solo, che non ha un’autonomia completa. 
Allo stesso tempo però gli inquirenti sono consapevoli del fatto che basta pochissimo affinché  qualcosa vada storto e un semplice sospettato possa diventare quello che tutta l’Italia va cercando con famelicità: più che un colpevole, un capro espiatorio. Il fermo del radiotecnico trattenuto per ore in questura insieme al fratello e mandato solo a casa a tarda sera, è l’emblema del pericoloso campo minato su cui gli investigatori sono costretti a muoversi. Una tensione crescente che rischia di danneggiare il corso delle indagini: alla notizia del fermo infatti, all’esterno della Questura, la folla radunatasi per avere notizie non ha esitato ad assaltare un’auto della polizia dove si pensava ci fosse il sospettato. 
Per questo il video è uno strumento sì importante, ma allo stesso tempo così delicato perché rappresenta l’arma che più di ogni altra cosa sarà utile a sbattere il mostro in galera. Al di là però di ogni ragionevole dubbio.