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“Il porto ritrovato”, ripresi gli scavi archeologici presso “Le Cesine”

Avviata la nuova campagna di ricerche archeologiche subacquee e costiere dal Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento

È ripartita lo scorso 20 maggio la nuova campagna di ricerche archeologiche subacquee e costiere del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento nel comprensorio della Riserva Naturale dello Stato e Oasi WWF “Le Cesine” nel Comune di Vernole (concessione di scavo del Ministero della Cultura per il tramite della SABAP Brindisi Lecce, DDG-ABAP n. 1057 del 22 agosto 2022). La campagna si protrarrà fino al 30 giugno.

I nuovi scavi, sempre diretti dalla professoressa Rita Auriemma, docente di Archeologia subacquea dell’Ateneo salentino, affiancata dai suoi collaboratori, hanno l’obiettivo di ricostruire lo sviluppo complessivo delle strutture individuate nel 2020 e già parzialmente indagate nelle campagne 2021 e 2023: le evidenze archeologiche, ubicate in località “Posto San Giovanni”, lungo la costa tra San Cataldo e “Le Cesine” e nelle vicinanze dell’Edificio Idrovoro della Riforma Agraria, sono in gran parte di età romana e provano l’esistenza di un importante complesso portuale.

Prosegue quindi lo scavo della possente fondazione del molo, che si sviluppa a circa 15 m dalla costa, verosimilmente in corrispondenza della riva antica, da meno di un metro a 3,5 m di profondità. Larga 8 m, la struttura è realizzata in grandi blocchi giustapposti, originariamente sovrapposti, ma oggi crollati e sparsi a causa della forza disgregatrice del moto ondoso e mostra a intervalli piuttosto regolari grandi blocchi parallelepipedi con un lato sagomato interpretabili come possibili bitte, anch’essi in crollo, altri blocchi lavorati e canalette. Le ricerche del 2023 hanno rivelato l’estensione notevolmente maggiore sia per la radice sia per la testata del molo e hanno permesso di accertare la continuità tra le due aree, inizialmente distinte, mostrando per il molo uno sviluppo complessivo a “L” di quasi 150 m.

La struttura è simile per imponenza e per la tecnica edilizia “a cassone”, tipica delle strutture di approdo dell’Adriatico e di altre aree del Mediterraneo orientale, alla parte sommersa del grande molo di Adriano sito più a nord, a San Cataldo, ma potrebbe essere addirittura più antica di quest’ultimo. Autori antichi ricordano lo sbarco di Ottaviano da Apollonia al porto di Lupiae, che doveva quindi godere di una certa considerazione nella seconda metà del I secolo A.C. ed essere forse già munito di alcune infrastrutture, per accogliere la nave del futuro imperatore Augusto.

Le verifiche proseguono anche per la cosiddetta “Chiesa sommersa”, i resti di un edificio con la base intagliata in uno sperone roccioso e l’elevato dei muri in cementizio e la cui possibile identificazione con una “torre-faro” è un’ipotesi ancora da verificare, e per le strutture a terra, che mostrano una serie di vasche scavate nella roccia, probabilmente per la produzione del sale, e alcuni ambienti forse databili a età tardorepubblicana.

“Questo tratto di costa merita un’attenzione diversa – afferma la professoressa Rita Auriemma – per la sua bellezza naturale e le tante testimonianze di storia e di storie che qui si addensano. Si tratta di un patrimonio diffuso che occorre restituire alla comunità, coinvolgendo anche quei cittadini ‘temporanei’, i turisti, oggi sempre più interessati a esperienze uniche e autentiche. A questo progetto di ricerca e valorizzazione del territorio l’università del Salento sta dedicando risorse umane ed economiche importanti, nella consapevolezza che il patrimonio è bene comune, fondamentale per lo sviluppo sociale, culturale, economico della società, nello spirito della Convenzione di Faro”.

Quest’anno le ricerche si avvalgono anche della presenza della “Pelagia”, l’imbarcazione dell’Università del Salento in dotazione al Dipartimento di Beni Culturali e al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali, che sarà impiegata come natante di appoggio e base logistica per le operazioni, grazie al prezioso supporto dei professori Genuario Belmonte, Stefano Piraino e Vittorio Pasquali del DiSTeBA.

Si rinnova, inoltre, la proficua collaborazione con il I Nucleo Operativo Subacqueo della Guardia Costiera di San Benedetto del Tronto che ha già affiancato i ricercatori UniSalento, sia sul sito nel corso delle attività 2023, sia su altri siti in precedenti interventi di recupero e tutela e che ha nuovamente messo a disposizione una motovedetta e una squadra di 5 operatori subacquei coordinati dal vicecomandante del Nucleo, il Capitano di Corvetta Alessandro Minò.

Per la documentazione è prevista, ancora una volta, la collaborazione di docenti e ricercatori del Politecnico di Torino (Dipartimento di Architettura e Dipartimento di Geomatica), che già nelle campagne precedenti hanno eseguito la fotogrammetria da drone delle evidenze e il rilevamento 3D del fondale con ecoscandaglio multibeam di ultima generazione allestito su un apposito battellino e che quest’anno effettueranno nuovi rilevamenti con Sub Bottom Profiler. I dati di questi rilevamenti e la fotogrammetria subacquea permetteranno di realizzare il modello 3D del paesaggio costiero e subacqueo, anche a fini di valorizzazione e fruizione virtuale.

Le attività godono anche quest’anno del fondamentale sostegno del Comune di Vernole, che ha garantito il vitto per l’intero team e l’alloggio per alcuni partecipanti, consentendo la presenza di studenti e ricercatori italiani e stranieri provenienti anche da altre Università. “Già dallo scorso anno – afferma il sindaco di Vernole, Mauro De Carlo -appena insediati, abbiamo abbracciato questa fantastica attività di tutela e riscoperta della nostra storia, che il mare custodisce e pian piano ci rivela. Siamo certi che oltre alla grande valenza scientifica, ‘il porto sommerso’ possa rappresentare un ulteriore punto a favore dell’offerta culturale e ambientale che il nostro territorio può offrire ai cittadini e ai turisti”.

Come lo scorso anno, infine, le ricerche archeologiche saranno arricchite anche da eventi di archeologia pubblica e, oltre alla partecipazione degli attori locali già citati, vedranno il coinvolgimento delle comunità locali grazie alla continuativa collaborazione con “ESAC – Centro Euromediterraneo per l’Archeologia dei paesaggi costieri e subacquei” e i Poli Biblio-Museali di Regione Puglia nell’ambito del Progetto “Andar per mare. Itinerari subacquei e costieri di Puglia”. In accordo con le competenti Soprintendenze, il progetto di valorizzazione mira a rendere accessibili vari beni costieri e sommersi dislocati sull’intero territorio regionale, grazie a una rete di servizi e attori locali (Comune, associazioni, concessionari di lidi, diving club e center, etc.); anche l’antico porto di San Giovanni – Cesine sarà parte di quest’offerta integrata di turismo costiero e subacqueo culturale, esperienziale e sostenibile.

Le attività vedono la partecipazione di Luigi Coluccia, Cristiano Alfonso, Sandro Notarangelo, Antonella Antonazzo (UniSalento / ESAC); Angelo Colucci; Alessandro Minò, Danilo Del Carro, Marco Meli, Umberto Carreri, Serafino Caggiano; Gianfranco Visioli (I NOS Guardia Costiera); Stefano Nigri, Fabio Rossi (Taras Sub), Emiliano Peluso, Fernando Zongolo e di studenti, specializzandi e dottorandi italiani e stranieri dell’Università del Salento, di Bari, di Roma “La Sapienza”, di Padova, di Saxion (Olanda).

Presente e fondamentale, inoltre, anche il contributo di Corpo delle Capitanerie di Porto e Guardia Costiera (Ufficio Circondariale Marittimo di Otranto e Ufficio Locale Marittimo di San Cataldo), Ditta Angelo Colucci per il supporto e tutti gli attori del territorio che hanno offerto la propria collaborazione: Consorzio di Bonifica Ugento e Li Foggi per gli spazi dell’Edificio Idrovoro; Riserva Naturale dello Stato e Oasi “WWF Le Cesine”; ARIF Puglia sezione di Lecce; Nucleo Carabinieri Tutela Biodiversità di San Cataldo; Centro Equituristico Masseria Fossa; Nautica Mangè; Relais Masseria Le Cesine; Agriturismo Villa Conca Marco; Taras Sub Diving Center; Porto Turistico Marina di San Foca.

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