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I riti millenari della Settimana Santa nel Salento

Le processioni rituali in occasione della Pasqua sono uniche in quanto incarnano l’identità stessa di un popolo che partecipa nel corpo la Passione del Cristo, svelandone i simboli con pudore e delicatezza 
 
Il Salento partecipa, vive la Settimana Santa secondo canoni immortali, fatti di confraternite di incappucciati che risalgono ai tempi gloriosi delle Compagnie medievali in cui i membri delle corporazioni, dei sodalizi d’armi, si ritrovavano assieme per partecipare l’onore della Morte e della Resurrezione del Signore, accompagnando gesti arcaici ed evocativi con bellissime e struggenti marce funebri composte quasi sempre da musicisti locali. 
E le città salentine gareggiano in fervore e fede nel proseguire la tradizione immortale di questi riti, che purtroppo il culto della modernità e dell’immagine ha rischiato e rischia di trasformare in mero folklore. I fedeli locali e i turisti anche quest’anno vedranno il brillare delle luci notturne della processione di Gallipoli, arcane stelle che piangono la loro luce livida sul Sepolcro di Cristo, preceduta dalla processione diurna, con le sirene delle barche del porto che salutano il passaggio della Desolata. Vedranno il lutto della Processione di Galatina, profondo ed oscuro come la notte, e l’eleganza borghese coniugata all’antichità sommessa delle Confraternite nella Processione di Maglie, accompagnata dalle note bellissime che ricordano l’incipit del quando corpus morietur di Pergolesi. Vedranno le altre cento tradizioni dei cento comuni salentini, che come sempre, apriranno le loro porte ed il loro cuore, rinnovando nella memoria un evento di duemila anni fa sul quale si fonda la Storia dell’Uomo.
Da un punto di vista rituale tutte le processioni dei misteri contemplano alcuni elementi comuni, differenziandosi le tradizioni particolari per specifiche ragioni culturali e cultuali che spesso hanno un retaggio precristiano. A precedere il corteo è la turba dei “vastasi” o “giudei”, che con strumenti antichissimi (risalenti, nel caso delle “trozzule” o “raganelle” ad Archita di Taranto) avevano il compito di ridestare la città addormentata dal lutto, prendendo spesso letteralmente a sassate le vecchie porte. Segue il Gonfalone, emblema della comunità ecclesiale, e di seguito la Croce dei Misteri (nella foto), un simbolo bellissimo che troppe Comunità, per un malinteso ed aberrante sentimento di modernità, hanno voluto rimuovere. Sulla Croce, presente anche in numerosi paesi come vero e proprio Monumento, accanto ai Calvari, spiccano le allegorie della Passione del Cristo, come i flagelli, la tunica, la Veronica, la Coppa Santa dell’Ultima Cena, il Gallo di San Pietro, la scala, la corona di spine, la lancia e la posca legionaria.
Seguono i gruppi di statue, solitamente la Notte del Cristo nell’orto degli ulivi, la Flagellazione alla colonna, l’Ecce Homo, la caduta del Cristo sulla Via del Calvario, La Crocifissione, la Santa Sindone, la Deposizione, il feretro di Cristo morto, solennemente scortato, preceduto dalla banda e dal coro delle pie donne, vestite di nero, ed infine la Statua dell’Addolorata, seguita dalle Autorità civili e militari e dal popolo. E dopo il rito tragico della Processione rituale della morte e della rigenerazione di Dio e della Natura, che ha origini antichissime nei culti di Osiride e di Dioniso, passerà il Sabato Santo, nella meditazione e nella richiesta di perdono, per poi abbandonarsi alla gioia senza fine della Domenica di Resurrezione, fondamento e giustificazione dell’intero messaggio cristiano. 
 
Vincenzo Scarpello