Una realtà già collaudata
Dalla provincia di Trento ai picchi dell’Olanda. Quello che oggi qui è un sogno nel cassetto, in altri luoghi è uno standard. Da molto tempo
In provincia di Trento ci si è preoccupati anche di stilare un cronoprogramma del parto in casa. Ad ognuno il suo ruolo, ognuno al proprio posto, già da molto tempo prima. “Dopo la chiamata da parte della donna, in genere verso l’ottava/decima settimana (ma anche dopo questo termine), l’ostetrica effettua un colloquio informativo gratuito, includendo possibilmente anche il partner. Dalla presa in carico fino alla 37esima settimana, l’ostetrica assicura di norma almeno una visita al mese. Dopo, inizia la reperibilità da parte dell’ostetrica, che si ferma a casa della donna quando il travaglio è cominciato. Non viene preso alcun contatto preliminare con nessun punto nascita ospedaliero nelle vicinanze, se non in casi particolari. Il taglio del cordone ombelicale viene effettuato dopo l’uscita della placenta, possibilmente dal padre. Dopo il parto, l’ostetrica rimane per qualche ora a casa della donna, per assicurarsi che non ci siano complicazioni”.
Tutto nero su bianco nello studio dell’Azienda Sanitaria Locale. È proprio la provincia di Trento, infatti, la più all’avanguardia su questo versante, con 135 parti domestici nel giro di un quinquennio e un percorso organizzativo avviato già nel 1988. I dati a livello nazionale più recenti risalgono al 2004 ed evidenziano che la proporzione di nascite a domicilio è stata dello 0,17% di tutti i parti, con valori compresi tra lo 0,04% della Sicilia e 0,85% dell’Emilia-Romagna. Percentuali inferiori rispetto a quelle del resto d’Europa, con l’1% della Finlandia, il 2% del Regno Unito fino al 30% dell’Olanda.
È in questa culla territoriale che è nata la controtendenza rispetto all’eccessiva ospedalizzazione degli anni ’70 e alla concezione del parto come momento chirurgico, conseguenti alla considerazione, inesatta, che i migliori criteri assistenziali, validi per le condizioni patologiche ad alto rischio, dovessero essere utilizzati in tutte le gravidanze. Ed è proprio in nord Europa che, dai primi anni ’80, un movimento di ostetriche e donne ha dato corpo alla consapevolezza di passare ad una gestione più autonoma, più responsabilizzata ed umanizzata della gravidanza.
Certo, rimangono le sacche di resistenza, legate alla percezione di rischi maggiori fuori dalla struttura ospedaliera, all’assenza di un rapporto delineato con questa, ai costi, che si aggirano intorno ai 750 euro, almeno a Trento, dove il servizio è assicurato, però, alla presenza di una sola ostetrica. In alcuni casi si sfiorano anche i duemila euro. E al momento, in Italia solo le regioni Piemonte, Emilia-Romagna e Marche hanno deliberato sostegni specifici al parto in casa, con parziale rimborso dei costi per l’assistenza e a fronte di condizioni sociali e cliniche ben selezionate.
(T.C.)