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“Dovrebbe essere la regola”

VALDO MELLONE – DIRETTORE GENERALE DELLA ASL DI LECCE
 
La Asl di Lecce getta le basi per il ritorno alle nascite a domicilio. Mellone: “Abbiamo l’organizzazione e possiamo farlo. Ma i parti a domicilio possono essere solo quelli per cui non c’è una prevedibilità di gravidanza a rischio” 
 
“Questa dovrebbe essere la norma e noi stiamo gettando le basi perché la donna possa scegliere, spontaneamente, se volerlo fare oppure no, senza forzature”. Al direttore generale della Asl, Valdo Mellone (nella foto), brillano gli occhi quando parla del parto naturale in casa. È reduce da un’esperienza duplice nel distretto da cui proviene, nel Veneto, e l’idea di avviare un percorso simile anche nel leccese lo pizzica da tempo. Tra le mani ha la bozza della “Riprogettazione del percorso nascita”, messo a punto prima del taglio dei nidi in alcuni ospedali. Una riorganizzazione di servizi pronta a partire proprio da dove rimarrà il vuoto del reparto ospedaliero. “Il taglio dei punti nascita libera delle risorse che io vincolo per questo progetto, per farne un autentico contratto con le comunità locali. Alcuni servizi ci sono già ma bisogna metterli insieme, in un’unica filiera, che getta le basi per arrivare al parto domiciliare”.
Dunque, siete pronti? 
In questo progetto non abbiamo ancora annunciato l’idea del parto in casa. Vogliamo prima capire, attraverso lo strumento dei Consultori, se c’è una domanda latente o sostenuta dal personale medico. Faremo un’esplorazione e lanceremo l’ipotesi, anche per risvegliare i pensieri delle donne, che troppo spesso, pur non volendolo, sono costrette ad adeguarsi a ciò che passa il convento. 
Dal punto di vista organizzativo, è fattibile oppure è utopia? 
Questa idea sta già dentro ad alcune cose che stiamo mettendo in piedi nell’accompagnamento al percorso nascita, che sposa un’idea di maternità differente. Laddove la sperimentazione c’è stata -e parlo per esperienza personale- si sono potuti testare anche livelli di sicurezza alti. Certo, i parti a domicilio possono essere solo quelli per cui non c’è una prevedibilità di gravidanza a rischio, fermo restando che dove insorge una complicanza va affronta con una rete ospedaliera e di trasporti già collaudata, che permetta il soccorso d’urgenza. 
Noi ce l’abbiamo? 
Sono servizi che abbiamo già in stand by e che l’organizzazione ospedaliera è già in grado di erogare in regime di emergenza. L’unico problema vero è fare in modo che, al momento del travaglio, si faccia una ricognizione del personale e ci si assicuri che c’è un’ambulanza libera, l’autista, il ginecologo di turno, il rianimatore pronto a intervenire. Poi è ovvio che il parto può complicarsi in casa quanto in ospedale. La differenza è solo eventualmente nel trasporto, ma con la giusta organizzazione è superabile. Come dovrebbe essere sormontabile il vero nodo della questione. 
Sarebbe? 
È culturale. Il parto va concepito come un evento naturale e non patologico, invece lo trattiamo come una malattia. La maternità va preparata, dando alla gestante quel sapere che prima era trasmesso per via matriarcale e di cui ora deve farsi carico il pubblico, in una società così atomizzata. Il ritorno al parto a domicilio viaggia in questa direzione. Ecco, l’importante per noi è aprire quella porta e dire che questa strada c’è, siamo in grado di rimboccarci le maniche e costruire una risposta attorno ad una donna che lo desidera. 
 
(T.C.)
 
La sicurezza non è un optional
 
Ma sono davvero sicuri i parti in casa? La domanda è d’obbligo, visto che l’alternativa rimane comunque una struttura ospedaliera in cui le complicazioni potrebbero essere affrontate nell’arco di pochi minuti, con il passaggio da un reparto all’altro. Soprattutto per chi vive lontano dai nosocomi, il tempo di percorrenza dei chilometri di distanza potrebbe costare la vita alla madre e al nascituro? 
Un punto rimane fermo. Quando si sceglie di far nascere il proprio bimbo a domicilio, la preparazione dell’ambiente domestico e dell’organizzazione sanitaria devono viaggiare di pari passo. Se una gravidanza è già a rischio, non ci può essere altra soluzione del ricovero. Ma se il parto può non essere patologico, attorno al momento della nascita va delineato un cordone protettivo di livello, con standard di sicurezza ben precisi. Dall’ostetrica al ginecologo di turno, dall’autista dell’ambulanza sotto casa alla presenza degli strumenti che potrebbero fare la differenza in caso di insorgenze non calcolate. 
Ogni gravidanza è preziosa. La Asl di Lecce conferma oggi che, con apposita preparazione, i livelli di sicurezza potrebbero essere garantiti quanto in una struttura ospedaliera. Una donna, però, non può pensare di controllare tutto questo nel momento in cui le si rompono le acque. È per questa ragione che diventa indispensabile la figura del case manager, che si occupi di accompagnare la gestante per tutto il periodo pre-parto, che la faccia avvicinare anche alle tecniche della preparazione, dalla respirazione al controllo dell’ansia, e che, infine, sappia predisporre la struttura necessaria ad affrontare anche le urgenze. 
Insomma, un parto in casa non si improvvisa. Ci vuole tempo, capacità, ci vogliono risorse anche umane, che, forse, con la dismissione di alcuni punti nascita possono essere impiegate anche e soprattutto su questo versante. 
 
(T.C.)