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Don Antonio, la “cambiale di Dio”

È così che è soprannominato questo sacerdote vocazionista originario di Specchia e trapiantato a Roma, dove da anni assiste vecchi e nuovi poveri delle baraccopoli e dove è riuscito, grazie alla legge n. 109/1996, a farsi assegnare un bene confiscato alla criminalità organizzata e riconvertirlo in alloggio per senzatetto. Una storia a lieto fine che dimostra come la fede e la buona volontà, insieme, possono davvero fare miracoli

 

A cura di Andrea Colella 

 

Ci sono piccole grandi storie che amiamo raccontare. Storie che parlano di speranza, di amore, di sacrificio. Storie che vorremmo sentire più spesso per continuare a credere che, nonostante tutto, ogni essere umano ha il diritto di vivere la propria vita con dignità. Storie come quella di don Antonio Coluccia, un 38enne salentino che ha fatto della propria vita una missione per aiutare chi ha più bisogno e che a Roma, ancora prima di essere nominato sacerdote, da tempo assiste i bisognosi senza fissa dimora. 

Dal suo “quartier generale” della parrocchia di San Filippo Apostolo (di cui è viceparroco) don Antonio coordina da diversi anni una fitta rete di contatti al fine di raccogliere cibo, vestiti, coperte per quelli che una volta si chiamavano “barboni” e che oggi -oltre ad essere numericamente di più- sono sempre più rappresentati da ex tossicodipendenti, disoccupati o soprattutto persone reduci da separazioni e divorzi che, pur avendo un lavoro, non ce la fanno a sostenere il costo della vita di una grande città. 

Un’attività incessante che gli è valsa il soprannome di “cambiale di Dio” presso i superiori della Curia romana e gli amministratori comunali, per la sua richiesta continua di beni di prima necessità o di contributi in denaro per il sostentamento dei senzatetto. Gli abitanti del suo quartiere si sono talmente affezionati a lui che, quando nell’ottobre 2011 si palesò l’ipotesi di un suo trasferimento in Sicilia, in migliaia scesero in strada per una fiaccolata di protesta, scrivendo nel contempo alla Diocesi di Roma un’accorata lettera per far sì che don Antonio rimanesse a Roma. 

Nell’agosto 2012, poi, avviene il “miracolo”: grazie alla legge n. 109/1996 sui beni confiscati alla mafia, il Comune di Roma assegna a don Antonio una villa in via Giustiniana appartenuta ad un boss della banda della Magliana, per farla diventare un alloggio per senzatetto. La struttura, ristrutturata e inaugurata da poco tempo con il nome di “Opera Casa di accoglienza Don Giustino M. Russolillo”, ospita attualmente cinque persone che presto diventeranno quindici e che vivono grazie alle donazioni dei fedeli. Il principio seguito? La dignità. Don Antonio afferma che nell’accogliere gli ospiti si è tenuto conto e si terrà conto di un solo, fondamentale principio: dare a chi non ha, ricordandosi prima di tutto, prima di qualsiasi percorso di recupero, che a chiedere aiuto è una persona alla quale la dignità è stata tolta. 

Ma la missione di don Antonio non si è certo conclusa: c’è ancora tanto da fare coloro che vivono nelle baraccopoli e in strada. E in questa attività di raccolta di donazioni don Antonio è riuscito a coinvolgere anche i suoi compaesani di Specchia, che regolarmente e con grande affetto gli inviano pacchi contenenti coperte, scarpe e viveri.