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Davide contro Golia, arriva un altro centro commerciale a Scorrano

Sarà esteso su 6 ettari e sarà una sorta di cittadella dell’outlet. Ma sul nuovo centro commerciale del Salento si addensano i dubbi: è sostenibile o è mera speculazione edilizia? 
 
Avrà anche una spa, per il relax di lusso. E avrà pure un nuovo cinema, ovviamente multisala. In più, qualche area verde, forse. Il nuovo centro commerciale, il più grande del Salento, potrebbe sorgere a Scorrano, a ridosso della statale 275. Sei ettari in zona P.i.p. saranno destinati ad accogliere le strutture dell’iperstore che non venderà generi alimentari, bensì articoli del settore moda e, dunque, abbigliamento, scarpe, accessori, grandi marche a piccoli prezzi. Quali marche? Ancora non è dato saperlo. Ancora, in realtà, non si sa. “Questo dettaglio verrà concordato dopo, ad autorizzazioni ottenute”, ha risposto a nostra domanda il neosindaco Antonio Mariano. Eppure, tanto piccolo questo dettaglio non sarebbe. “L’appetibilità di un struttura del genere e la sua sostenibilità sul territorio si dovrebbero basare proprio su questo”, ha replicato Salvatore Sanghez, presidente Anva-Confesercenti Puglia. 
Nel frattempo, tuttavia, si aspetta a giorni la chiusura del procedimento di Vas, vale a dire la valutazione ambientale strategica, aperta in Regione e in via di conclusione. È da lì che potrebbe arrivare il definitivo semaforo verde alla realizzazione, proprio alle spalle del cimitero, di una sorta di cittadella dell’outlet, sul modello di quella di Molfetta. La strada, per il resto, è spianata, grazie alla convenzione tra il Comune e la società che ha presentato il progetto, la I.E.A. Srl con sede a Roma e amministrata dalla trentunenne barese Elisabetta Fuzio. Poche settimane dopo la presentazione della proposta, il 29 novembre scorso, infatti, l’ente locale ha adottato la variante al proprio strumento urbanistico, per consentire un insediamento commerciale di questo tipo in una zona da sempre classificata soltanto come artigianale e industriale. 
Una nuova vocazione messa nero su bianco, con tanto di individuazione già dei terreni e degli incassi che ne deriverebbero dalla vendita ai romani. In tutto, si tratta di 32 lotti di proprietà comunale. Saranno ceduti al prezzo complessivo di 1.191.908 euro, con un contratto che sarà perfezionato se e quando il progetto verrà approvato a Bari. Anche in vista di questo introito, l’amministrazione comunale è assolutamente convinta della necessità e bontà dell’operazione. 
Si pensa alle possibili- sebbene non quantificate- ricadute occupazionali a Scorrano, dimenticando tuttavia che la priorità nelle assunzioni, secondo l’ultimo Regolamento regionale del dicembre scorso, spetta ai lavoratori a rischio nello stesso settore del commercio. Per intenderci, qui dovrebbero essere ricollocati, prima degli altri, i dipendenti in mobilità dell’ipermercato Billa di San Cesario. I però, dunque, non sono tardati ad arrivare. In primis da Italia Nostra, storica associazione ambientalista, che all’ex sindaco Mario Pendinelli ha riconosciuto quest’anno il Premio “Attila del Salento”, in quanto “particolarmente capace e determinato nella devastazione degli ultimi lacerti di suolo salentino non ancora cementificati o desertificati”. Poi, a storcere il naso è stato il vicino comune di Maglie, infine sindacati, Federconsumatori e Confesercenti. 
Una pioggia di “no” che ha rimarcato un rischio concreto, quello di una speculazione edilizia sui terreni, ipotesi lanciata per prima dal sindaco dirimpettaio, Antonio Fitto. Una struttura di queste dimensioni, in un periodo di contrazione dei consumi e in un territorio così delicato, è finanziariamente sostenibile? È questa la domanda che circola insistentemente. Non si tiene conto, e questo è palese, dell’ottica sovracomunale, la stessa che evidenzierebbe l’esistenza, a pochi km, del centro commerciale di Surano. La stessa che eviterebbe di far finire, nel tritacarne di uno “sviluppo” non governato, la risorsa del piccolo commercio. Quello, appunto, della vicinissima Maglie sarà il primo fra gli altri, con il suo reticolato di piccole strutture di vendita del sottore moda che si snoda nel suo centro storico. “Il coordinamento di operazioni di tale portata spetterebbe alla Regione e alla Provincia -ha commentato Daniela Campobasso della Cgil-. È impensabile che ognuno vada per la sua strada, agevolando gli investimenti forestieri a discapito dei piccoli dettaglianti locali”.
 
 
I precedenti e le prospettive
 
Galatina, Maglie, Tricase. Laddove si è compreso che il bene da tutelare sta nei “centri commerciali all’aperto”, in quella serie di negozi e botteghe dislocate nei centri storici e che fanno l’ossatura del commercio di vicinato, lì si è sbarrata la strada alle grandi strutture di vendita. Avrebbero risucchiato tutte le risorse, avrebbero svuotato le città, confinando i consumi in un’isola estranea al tessuto urbano, dirottando la prosperità nelle tasche di pochi imprenditori venuti da fuori, il più delle volte dall’estero. 
La ricchezza diffusa, invece, è concepita come antidoto al saccheggio. È su questo che sta cercando di lavorare, forse a rilento, la Regione Puglia, dando le gambe per camminare ai distretti del commercio, concepiti proprio secondo quell’ottica sovracomunale che impedisce le guerre di campanile. A questi verranno destinate le somme provenienti dall’apertura di nuove eventuali grandi strutture di vendita, 50 euro a metro quadro. Per il resto, la licenza dovrebbe essere assegnata innanzitutto a quei centri commerciali che rispetteranno tre requisiti: essere a impatto ambientale zero, avere lavoratori con regolare contratto e privilegiare la vendita di prodotti locali sia alimentari che d’altro tipo. 
Tiziana Colluto