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Statale 275, la nuova contesa sui ribassi eccessivi

Dalla guerra tra ambientalisti e Anas alla guerra tra imprese
 
Sarà una battaglia giudiziaria serrata quella che, ancora una volta, si prepara sulla 275. Nel mirino stavolta finiscono i ribassi d’asta. A conti fatti, l’opera si potrebbe fare con la metà dei soldi stanziati. E in che modo?
 
Sul raddoppio della Statale 275 ritorna lo scontro giudiziario. Stavolta riguarda i ribassi contenuti nelle offerte economiche per il mega appalto, che ha un importo a base d’asta di 200milioni di euro. 
A presentare il primo ricorso è il raggruppamento costituito dalla Coedisal, vale a dire il gruppo Palumbo, lo stesso che si è aggiudicato i lavori per l’ampliamento della Maglie-Otranto e della Regionale 8, che va da Lecce agli Alimini, passando per Melendugno e Vernole. La Coedisal, in associazione temporanea d’imprese con la “Salvatore Matarrese”, è arrivata quarta nella graduatoria formulata dall’Anas delle ditte ammesse alla gara. Il provvedimento di aggiudicazione è stato, infatti, firmato a favore del raggruppamento Intini-Igeco, che ha presentato un ribasso d’asta del 44,88%. La seconda classificata, l’ati Fincosit-Socostramo, si è spinta al 41,32%, mentre la terza, la Salini con sede a Milano, è arrivata al 40,99%. 
“La stazione appaltante ha ritenuto non anomalo un ribasso del 45%, così come non anomale sono state giudicate le offerte della seconda e della terza con un ribasso del 41%. L’ati ricorrente ha, invece, offerto un ribasso del 35%, che secondo l’analisi dei prezzi e delle condizioni di mercato è il massimo ribasso ragionevolmente ammissibile, considerato che i prezzi del capitolato a base di gara risalgono al 2009 e che l’andamento del mercato non permette obiettivamente economie di tale entità”. C’è scritto questo nel ricorso di 50 pagine redatto dagli avvocati Pietro e Luigi Quinto, dove si fa anche “espressa riserva di motivi aggiunti” fino a quando Anas non metterà a disposizione “tutta la documentazione da tempo richiesta ma non ancora consegnata integralmente”. 
Il nodo dei ribassi eccessivi, per quanto per il momento ritenuti non anomali, getta così nuove ombre sull’opera pubblica più costosa prevista nel Salento negli ultimi anni. 37 km da Maglie a Leuca su cui, ancora una volta, saranno i tribunali a decidere, più dei cittadini e della politica. Certo, scoprire poi che, a conti fatti, quei lavori faraonici si potrebbero fare con la metà dei soldi stanziati solleva almeno tre dubbi: il margine di guadagno previsto per le aziende era esageratamente alto, a discapito delle casse pubbliche? Oppure si recupereranno quelle somme abbattendo altri costi, quali quelli del lavoro e dei materiali? Oppure, ancora, per sostenere finanziariamente quell’opera, si rimetteranno in circolo soldi di altra provenienza? 
 
 
Gli altri dubbi del ricorso
 
“V’è poi un’altra anomalia denunziata in ricorso che sarà ulteriormente approfondita- scrivono i legali della Coedisal-. In presenza di un appalto, con a carico delle ditte offerenti la progettazione esecutiva, le migliorie ed il recepimento delle prescrizioni di tutela ambientale, appare singolare una omogeneizzazione dei punteggi relativi all’offerta tecnica, sicché, in concreto, è risultato determinante ai fini dell’aggiudicazione solo il ribasso sul prezzo. In presenza di diversità di soluzioni progettuali proposte, appare ingiustificata l’entità dei punteggi; la commissione così operando ha di fatto trasformato l’appalto integrato in un appalto al massimo ribasso, in contrasto con la filosofia stessa della gara bandita dall’Anas che voleva evitare un’aggiudicazione solo in termini economici”. 
Insomma, l’altro interrogativo è preciso: se alla ditta che si aggiudicherà i lavori spetterà anche il compito di stilare il progetto esecutivo, con le dovute modifiche da apportare soprattutto negli ultimi 7 km, come si fa a non tenere conto anche di questi costi? Ma la partita giudiziaria punta pure ad altro. Nel ricorso, infatti, si sollevano “altresì censure sulla posizione individuale sia dell’aggiudicatario sia delle altre ditte sotto il profilo della carenza dei requisiti e dell’omessa esibizione di documenti riguardanti la regolarità contributiva e la dimostrazione dei requisiti tecnici imposti dal bando”. 
 
Mazzette e inchieste: l’allarme del Comitato Sos 275
 
Cosa c’entrano le cooperative rosse, le presunte mazzette milanesi, le inchieste sulla sanità barese con l’ampliamento della 275? A tracciare il filo rosso tra queste storie è il Comitato Sos 275, quello che da anni porta avanti la battaglia contro ciò che ritiene un incredibile “ecomostro” e tuttora non si rassegna all’idea di un Capo di Leuca sventrato da una quattro corsie. 
Il Comitato ricostruisce i pregressi dell’associazione di imprese che, per il momento, è arrivata prima nella graduatoria stilata dall’Anas: “La Igeco, fresca di condanna in primo grado a Milano per corruzione, si è aggiudicato l’appalto per il progetto esecutivo e la realizzazione della nuova 275. Ha vinto in cordata con la Ccc di Bologna, ossia le cooperative rosse già impegnate nel Tav e il cui vicepresidente è indagato dalla Procura di Monza per il giro di tangenti sull’area ex Falck di Sesto San Giovanni (2,4 mln di euro), e in gruppo con la Intini di Noci. Enrico Intini è indagato dalla procura di Bari per turbativa d’asta nel settore della Sanità e anche lui è coinvolto nel “Sistema Sesto” su cui indaga la Procura di Monza”. 
Fatti chiari, precisi, notizie non smentibili, per quanto dall’altra parte si sia tacciato il Comitato niente poco di meno che di “concorrenza sleale” e di voler favorire un gruppo imprenditoriale piuttosto che un altro. Gli ambientalisti, invece, vanno avanti, è proprio il caso di dirlo, per la loro strada. Continuano i sit-in, continuano le loro escursioni di protesta, la domenica mattina, sui luoghi che saranno travolti dalla nuova arteria, a sud di Montesano. Hanno dovuto, però, incassare un’altra sconfitta sul piano giudiziario. Il Tar di Lecce, infatti, ha rigettato tutti i ricorsi proposti dai 26 proprietari delle particelle interessate al passaggio della statale, poiché giudicati tardivi rispetto alle delibere del Cipe del 2005 e del 2009. Eppure- e questa è la replica- nelle gazzette ufficiali di quegli anni non è stato mai pubblicato l’elenco delle parcelle interessate, pertanto presentare ricorso prima sarebbe stato impossibile. 
Ma tant’è. 900mila metri quadri di territorio vergine sono pronti per essere cementificati. In nome di interessi che adesso iniziano a diventare ancora più chiari. 
 
Tiziana Colluto