Rotatorie, rotonde o rondò, che dir si voglia: nate per snellire il traffico e garantire più sicurezza sulle strade extraurbane, in molti casi si sono invece rivelate pericolose a causa della mancanza di illuminazione o per un’inadeguata manutenzione
Gli antichi Romani, esperti costruttori di strade ancora oggi praticabili, avevano già compreso l’utilità di creare lungo le vie extraurbane dei punti di intersezione a forma circolare, al fine di far moderare la velocità ai conducenti di bighe e carri e favorire la circolazione. Gli stessi principi sono oggi alla base dell’utilizzo su larga scala delle rotatorie (o rondò, dal francese “rondeau”) anche nel nostro territorio, dove da una decina di anni a questa parte si è assistito ad una crescita esponenziale di queste strutture, molto gradite dagli amministratori dei Comuni in quanto risultano funzionali in ambito urbano per la regolamentazione del flusso del traffico, riducendo i tempi di attesa anche del 70% rispetto ad un incrocio con semaforo, minori costi gestionali e di sorveglianza e -cosa non da poco- un minore inquinamento acustico e atmosferico.
In ambito extraurbano (di cui, nello specifico, ci occuperemo nel corso di questa copertina) le rotatorie assumono principalmente la funzione di obbligare gli automobilisti a moderare la velocità, offrendo contemporaneamente svincoli e la possibilità di invertire il senso di marcia. Ma se sulla carta e sulla base della normativa vigente le intenzioni sono certamente ottime, nella realtà le cose non sempre vanno -è proprio il caso di dirlo- per il verso giusto. Avvengono spesso incidenti in prossimità dei rondò extraurbani del Salento: sono sinistri raramente mortali (e per questo motivo molto spesso vengono ignorati dei media) e in genere non coinvolgono mai più di un veicolo. La dinamica più ricorrente è quella dell’automobile che va a sbattere con una ruota contro il cordolo dell’isola divisionale (o spartitraffico di accesso alla rotatoria) o quello dell’isola centrale, finendo in una delle campagne che delimitano il rondò. Incidenti che avvengono per l’eccessiva velocità con cui i conducenti arrivano in prossimità della rotatoria, certo, ma che possono essere causati dalla mancanza di illuminazione, da una segnaletica insufficiente e dalla mancanza o usura di opportuni segnali distintivi atti a percepire immediatamente gli elementi di intersezione (come le bande bianche e nere dei cordoli o gli “occhi di gatto” catarifrangenti lungo i perimetri degli stessi).
Nel Salento ci sono rotatorie “tristemente” famose come quella sulla provinciale 26 Martano-Calimera, quella tra Otranto e Uggiano La Chiesa, quella sulla Maglie-Collepasso, quelle all’ingresso di Tricase, il rondò sulla circonvallazione di Spongano – incrocio per Ortelle, solo per citarne alcune ben note agli automobilisti che ogni giorno -e ogni sera- le percorrono e ci segnalano la pericolosità.
Alle richieste di maggiore sicurezza da parte degli utenti e in particolare delle associazioni dei parenti delle vittime della strada, che da anni invocano una revisione della normativa vigente che risale al 2006, devono essere le istituzioni, in particolare la Provincia di Lecce ma anche i Comuni nella cui zona di competenza ricadono i rondò extraurbani, a dare risposte certe e in tempi rapidi, effettuando un monitoraggio dei punti più pericolosi.