Cerca

Ci manca l’aria

Un nuovo colossale imbroglio sta emergendo in questi giorni nel campo della sanità sull’utilizzo delle bombole di ossigeno. I Nas avrebbero scoperto che la terapia sarebbe stata prescritta anche chi non ne aveva affatto bisogno. E nel Salento sono coinvolti gli ospedali di San Cesario, Casarano, Gallipoli e Poggiardo. 
Una disgustosa macchinazione sulla pelle di chi grava in stato di necessità, con grandi guadagni per imprese, medici e informatori scientifici coinvolti 
 
“Ci faranno pagare pure l’aria”. Non è una frase buttata lì. Lo hanno fatto davvero e sulla pelle di poveri ammalati. È quanto emerso nei giorni scorsi in seguito ad alcune indagini dei Nas di Bari: una truffa colossale sull’ossigeno terapeutico all’interno del sistema sanitario nazionale, una tra le più odiose messe in atto negli ultimi tempi. Odiosa perché fa leva sul bisogno e sulla necessità di persone che ogni giorno lottano per essere assistite, senza dover pagare con la vita il sostegno, senza alcuna speculazione sul dolore, in base ad un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione. Un imbroglio sulla pelle delle persone, quantificato in 6 milioni di euro e basato sulle forniture di ossigeno liquido e di ventilatori polmonari che interesserebbe gli ospedali di San Cesario, Casarano, Gallipoli e Poggiardo, coinvolgendo 12 persone in provincia di Lecce. 
Un sistema squallido ma ben collaudato: dottori e tecnici segnalavano alle ditte che riforniscono gli ospedali i pazienti pronti alle dimissioni, ai quali erano poi prescritte cure a base di ossigeno in quantità molte volte eccedenti la necessità. Ma la cosa non finiva qua: una volta in presenza del paziente, l’erogazione della bombola veniva regolata in modo da usare soltanto metà dose, passando la restante parte di ossigeno ad un nuovo paziente che ovviamente avrebbe pagato la fornitura come intera. Una bombola per due, non però a prezzo dimezzato, ma a tariffa intera. I tecnici ricevevano denaro contante e viaggi gratis, mentre gli importi necessari per soddisfare i medici complici venivano ricavati dalle fatture gonfiate e rifilate alle ditte fornitrici. 
L’indagine ha avuto un riverbero in tutta Italia: oltre a Lecce, a Bari, Milano, Torino, Roma, Napoli, Rieti tanto da far lievitare fino a 47 il numero gli indagati accusati da parte dei Nas di Bari di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, false fatturazioni e truffa ai danni del servizio sanitario nazionale. La cosa che colpisce di più è il numero di medici coinvolti (19, di cui 6 nella provincia di Lecce) oltre a due infermieri, il tutto alla faccia della deontologia. Gli imprenditori implicati sono invece 26. 
Il direttore generale della Asl di Lecce, Valdo Mellone ha confermato la massima attenzione preannunciando una severa inchiesta interna: “L’indagine che faremo deve partire da questo presupposto. C’è l’avviso di conclusione delle indagini preliminari -conferma Mellone- il che vuol dire che il pm ritiene che ci siano i presupposti per sostenere l’accusa in giudizio. E questo è più che sufficiente per metterci in allarme e per farci dire che, rispetto a queste ipotesi formulate dalla magistratura dobbiamo rimboccarci le maniche e fare la nostra parte per andare a guardare e a verificare la portata del fenomeno. L’inchiesta interna sarà condotta confidando e rispettando il lavoro autonomo dei magistrati che sono lì a tutela dei nostri interessi, e senza condannare nessuno prima che il giudice emetta una sentenza”. 
Per il momento non sarà adottato alcun tipo di provvedimento disciplinare nei confronti degli indagati: “L’inchiesta penale è giunta alla fase dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e, pertanto, gli indagati -che non sono ancora imputati- possono fornire i chiarimenti per definire la propria posizione. In caso di rinvio a giudizio la Asl si costituirà sicuramente parte civile”. 
E speriamo che, da oggi in poi, l’aria che si respira sia migliore. 
 
 
Anche informatori scientifici e titolari di ristoranti nel mirino dei magistrati
 
Nell’inchiesta, avviata dalla Procura di Bari e coordinata dai sostituti procuratori Ciro Angelillis e Grazia Maria Nannaci, sono due i filoni legati alle case produttrici e distributrici di ossigeno per uso ospedaliero, ossia la Messer Medical e la Medigas Italia. L’aspetto più singolare è che nelle indagini sono coinvolti anche una decina i ristoratori, rei di aver emesso fatture false per un importo di 150 mila euro. Le fatture gonfiate emesse dagli stessi inoltre avrebbero consentito agli informatori farmaceutici, che lavoravano per la Messer Medical e la Medigas Italia, di creare una vera e propria “cassa” per ricompensare a loro volta i medici che collaboravano, prescrivendo prestazioni non necessarie e omettendo di verificare la ricarica delle stesse bombole di ossigeno dopo l’uso da parte di un paziente. 
In particolare, è emerso dagli atti come ai medici compiacenti erano previste ricompense sotto forma di danaro contante, viaggi e mettendo a disposizione dei loro studi privati personale e materiale sanitario. 
 
 
Una storia già vista a Brindisi nel 2007 e a Bari nel 2008
 
Quanto scoperto dai Carabinieri del Nas relativamente alla frode con i gas medicali non è una novità. E basta non andare troppo indietro nel tempo per trovare, sempre nell’ambito pugliese, altri raggiri simili tutti a danno di pazienti sofferenti. 
Ottobre 2007. A Brindisi finiscono in manette in 15, mentre 82 sono i nomi iscritti a vario titolo nel Registro degli indagati per una truffa da un milione di euro al Servizio Sanitario Nazionale basata su un uso truffaldino dell’ossigeno. Medici, tecnici della Asl, farmacisti, fornitori di bombole d’ossigeno e avvocati, tutti finiti nella rete con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e falso ideologico. Per funzionare l’imbroglio aveva bisogno di basarsi su false certificazioni d’invalidità civile: bastava quindi  prescrivere agli invalidi la fornitura di ossigeno terapeutico coinvolgendo aziende conniventi e il gioco era fatto. L’investigazione, portata avanti dal Gruppo antisofisticazione di Napoli e Nas di Taranto, è stata denominata “Diafoirus”, omaggio all’omonimo medico del Malato immaginario di Molière. 
Più recente la truffa orchestrata sempre con le bombole di gas medicale e scoperta a Bari nella primavera del 2008. L’indagine ha visto finire sul registro degli indagati in 24: otto medici pneumologi, gli altri invece dirigenti, responsabili commerciali e tecnici di tre aziende che commercializzano gas medicali. Erano tre società di Torino e Milano in combutta con gli otto medici in servizio nei reparti di pneumologia degli ospedali “San Paolo” di Bari, “Fallacara” di Triggiano, “Miulli” di Acquaviva e di quello di Trani. Il metodo era pressoché lo stesso delle altre truffe: ai pazienti appena usciti dall’ospedale veniva prescritta una terapia basata sulla somministrazione di ossigeno liquido o gassoso. A quel punto i malati venivano agganciati direttamente dai tecnici delle tre aziende presso le loro abitazioni. Gli investigatori durante le indagini hanno avuto il sentore che le prestazioni fossero prescritte anche a pazienti che in realtà non avevano alcun bisogno di ossigeno, fatto che potrebbe aver creato comunque danni alla salute.
Le stesse bombole sarebbero state riutilizzate più volte per più ammalati, e in questo modo le aziende avrebbero ottenuto diversi rimborsi dal sistema sanitario nazionale beneficiando di cospicui importi col minimo sforzo. Così ad esempio, quando una bombola non veniva consumata del tutto da un ammalato, non veniva messa da parte, ma riciclata e messa a disposizione di un altro. A tariffa intera, chiaramente.