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Cesare Dell’Anna, nel solco del rinnovamento guardando alla tradizione

Tra i protagonisti del 22 agosto a Melpignano, nella notte più lunga del Salento, il noto trombettista salentino Cesare Dell’Anna ci accompagna alla scoperta del magico mondo di “GirodiBanda”

Presentato in prima assoluta ospite del Festival “La Notte della Taranta” a Galatina il 20 agosto 2007, dinanzi ad oltre 20.000 persone, “GirodiBanda” si prepara ora a incantare il mondo dal palco del Concertone di Melpignano. Un progetto straordinario quello firmato da Cesare Dell’Anna (nella foto) e da Marinella Mazzotta della 11-8 Records, che attraversa la molteplicità dei mondi della musica popolare passando dalla banda alla musica tradizionale salentina, fino ad arrivare al folk, in un costante equilibrio alchemico tra sonorità diverse finalmente libere di permearsi le une alle altre. Il caleidoscopio sonoro ricreato nella Cassa Armonica di GirodiBanda gioca con la materia dei sogni in una reconnaisance fra tradizione e rinnovamento. Indossati i panni di maestro concertatore, infatti, il trombettista di Surbo dirige una banda pugliese e il gruppo balkanjazz Opa Cupa, insieme a cantanti noti di musica tradizionale salentina, in un’esecuzione mozzafiato che attinge alle tasche del tempo. A parlarcene ora è proprio lui, il geniale Cesare Dell’Anna.
Dall’indimenticabile live galatinese di due anni fa al palco di Melpignano del prossimo 22 agosto, passando per le piazze di tanti paesi con lo spettacolare concerto di GirodiBanda. Un risultato davvero importante quello che hai raggiunto.
Sì, un bel risultato sicuramente cercato da più parti perchè frutto della collaborazione tra me e i miei soci della 11-8 Records, che hanno fortemente voluto questo progetto, e del contributo da parte del Festival “La Notte della Taranta” che, come al solito, si adegua alle mie idee un pò folli, permettendomi di realizzare lavori strani rispetto a quello che il mercato musicale propone.
Come nasce il progetto?
GirodiBanda si ispira a un’esperienza tipicamente pugliese, quella delle bande da giro. Provengo da una famiglia di musicisti bandisti da generazioni, ho iniziato a suonare nelle bande all’età di 5 anni a fianco di mio padre e poi di mio fratello, quindi conosco benissimo la materia. Con questo progetto ho voluto ridare forza al repertorio bandistico, riarrangiandolo e modernizzandolo in una versione più elastica, attraverso nuove mescolanze ritmiche e armoniche col balkanjazz, aprendo così la strada alla possibilità di esportarlo in qualsiasi tipo di festival. Allo stesso tempo però ho lasciato intatta la magia legata alla Cassa Armonica, alle luminarie e a questo organico itinerante composto da fiati e percussioni.
Uno stupendo omaggio alla musica popolare tout-court. Quali le componenti cui hai dato maggior respiro?
Il progetto racchiude in sé tutte le forme di musica popolare che appartengono in modo autentico al nostro territorio e che sono storicamente sempre coesistite, ciascuna però in una piazza diversa: la banda da giro, la pizzica e la musica folk che, soprattutto nella figura del grande Bruno Petrachi e oggi di suo figlio Enzo, sono convinto rappresenta la componente fondamentale della nostra musica popolare, se non addirittura la più vera. Tutti conoscono le canzoni di Bruno Petrachi e le scene di vita quotidiana raccontate, ma solo pochi conoscono per intero Kalì nifta o le canzoni in griko della pizzica. Non si può quindi parlare di musica popolare salentina prescindendo dalla musica folk.
“GirodiBanda” sembra intessuto con la magia dei sogni. Come sei riuscito a conferire al lavoro un’allure così romantica e trasognante?
Importante è stata innanzitutto la scelta del repertorio. Molti sono brani miei, altri invece sono propri della tradizione bandistica, tra cui le marce di Ippolito e Abate come Ligonziana e A tubo, che però ho totalmente trasformato, mescolando con gli altri stili fino a rendere quasi danzabili. La magia sta proprio in questo, nel rinnovamento. Il pubblico vede sì una formazione già abituatissimo a vedere, però è il sound di “GirodiBanda” a mettere immediatamente in un’altra condizione emotiva, quella del puro divertimento. Fondamentale è stata poi la scelta dei musicisti, 40 che mi piacerebbe elencare uno ad uno, cui va il mio ringraziamento. Persone preparatissime con alle spalle anni e anni di banda, Conservatorio e studi jazz, che mi permettono di essere così elastico nel saltellare da uno stile all’altro. Scegliendoli sapevo che potevano arrivare a capirmi su certe sonorità e il risultato stupendo è sotto gli occhi di tutti.
Anche alla luce di quell’originalissimo percorso di ricerca iniziato nel 2006 con “Tarantavirus-Lu_Ragnu Impoverito”, com’è oggi il tuo rapporto con la musica tradizionale salentina?
Sento di dover dare un mio contributo alla musica tradizionale salentina, ma non invento nulla. Semplicemente metto una mia personale convinzione estetica nelle cose che ascolto e poi, si sa, noi musicisti viviamo anche di scommesse e provocazioni. Progetti come il Tarantavirus nascono proprio in questo modo. Adoro fare cose estreme, prendere in giro i puristi, mi diverte il pettegolezzo sull’ultima follia musicale di Cesare Dell’Anna. Tra l’altro sta per uscire il nuovo Tarantavirus, “Lu Ragnu_Arricchito”, una vera bomba di world music, di antico e di moderno, in cui elettronica italiana e berlinese si miscelano a queste voci strepitose della nostra tradizione popolare.

 

Claudia Mangione