A Castro l’archeologo Amedeo Galati e il suo team hanno riavviato gli scavi presso l’area dove a luglio era stata scoperta la statua della dea greca. Ma il tempo stringe: i finanziamenti termineranno il 30 novembre prossimo
Sono ripresi nei giorni scorsi e andranno avanti sino alla fine del mese di novembre le operazioni di scavo a Castro, laddove nei mesi scorsi era affiorata alla luce parte della statua di una dea, che si pensa possa essere una Atena Iliaca e risalente al IV sec. avanti Cristo. Una scoperta che aveva fatto sobbalzare storici, archeologi e appassionati tutti di arte perché in qualche modo ricollega la città al viaggio dell’eroico Enea da Butrinto fino al Salento, laddove forse chissà sorgeva il tempio dedicato proprio alla dea così come raccontato da Virgilio nell’Eneide.
E in questa direzione provano ad andare i nuovi lavori coordinati dal responsabile degli scavi, l’archeologo Amedeo Galati, anche se il tempo a disposizione dell’equipe di ricerca va via via stringendosi. “In questi giorni -rivela Galati- stiamo ampliando l’area di scavo rispetto al punto in cui abbiamo individuato la statua di Atena verso il lato sud, direzione torre. Lo scopo è quello di capire lo sviluppo di alcune strutture messapiche”. Ma, al momento almeno, nessuna scoperta significativa è stata fatta. Anche perché si tratta di procedere per gradi, sostanzialmente: si passa dalle solide strutture medievali per poi cercare di scoprire quelle messapiche e magari andare ancora più indietro.
Un viaggio a ritroso attraverso epoche diverse, vissuti diversi, modalità di costruzione a volte sovrapposti, a volte nate proprio dove già prima si era costruito. Non è facile il lavoro portato avanti da Galati e dal suo team di ricercatori dell’Università del Salento, coordinati dalla Soprintendenza ai Beni archeologici di Taranto e in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Castro. Occorrerà pazienza e meticolosità, ma serviranno anche nuovi finanziamenti per procedere con il loro lavoro, perché quei fondi che hanno permesso di portare alla luce statue e altri oggetti di un valore storico-artistico inestimabile stanno per esaurirsi: “I finanziamenti POIn Attrattori naturali, culturali e turismo finiranno questo mese -ricorda Galati- e bisognerà passare quindi alla fase di rendicontazione. Poi, per riprendere i lavori di scavo, occorrerà accedere a nuove forme di finanziamento”.
E fino a quando nuove risorse economiche non verranno trovate la ricerca (almeno quella sul campo) sarà costretta a fermarsi, continuando a cullare l’idea che lì sotto a quelle mani che scavano, a quei piedi che calcano il terreno, a quei bisturi che sollevano il terreno potrebbero esserci nuovi tesori da riportare alla luce. E magari, perché no, scoprire le colonne del vecchio tempio dedicato alla dea Atena. C’è un filo con la storia da riannodare.
Il parco archeologico delle meraviglie
La storia di Castro e dei ritrovamenti parte da lontano ed è piena di un fascino straordinario. Sin dagli anni Ottanta grazie a un accordo fra Università del Salento, Comune e Soprintendenza volto alla ricerca delle antiche mura, messapiche e poi medievali, della città. Quindi i lavori sono ripresi col nuovo millennio e, scavando scavando, si arriva all’anno Domini 2008 quando viene ritrovato il “Bronzetto di Atena”, ben mimetizzato tra i terrapieni.
Una scoperta assolutamente eccezionale, che rimette in moto il viaggio nel tempo alla ricerca di elementi che possano confermare o meno l’approdo di Enea, in fuga da Troia in fiamme, sulle coste salentine e, in particolar modo, nella città di Castro. E qui doveva sorgere il tempio di Atena, o Minerva per i Romani, tant’è che il nome antico di Castro era proprio “Castrum Minervae”. Il ritrovamento del 2008 generò grandissimi entusiasmi, ma non era l’ultima perla che quella terra avrebbe regalato. A luglio 2015 arriva la scoperta di un busto, privo della testa, e poi in seguito anche di una mano che sarebbero riconducibili alla dea Atena Iliaca del IV secolo avanti Cristo.
Nella sua interezza una statua sacra che doveva raggiungere i due metri e mezzo di altezza, realizzata in pietra leccese. E insieme al busto la spedizione guidata dall’archeologo Amedeo Galati portò alla luce anche due frammenti di un dito, una mano e due frammenti del panneggio della statua. Più alcuni pezzi di balaustre decorati con giri floreali.
Alessio Quarta