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Affranti flutti a Porto Miggiano

Deturpamento di bellezze naturali e interventi edilizi invasivi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico sono le ipotesi di reato su cui sta indagando la Procura di Lecce. E mentre gli ambientalisti sostengono che non è impossibile ripristinare lo stato originale dei luoghi, contro di loro a Santa Cesarea si è costituito un gruppo di cittadini e amministratori che difendono a spada tratta quanto finora fatto 
 
Per la quarta volta nell’arco di due anni Belpaese torna ad occuparsi, nella pagine di copertina, di questa splendida località turistica alle porte di Santa Cesarea Terme, il cui destino sembra essere quello di non trovare mai pace. E di non far dormire sonni tranquilli ad ambientalisti ed amministratori. 
Stiamo parlando di Porto Miggiano, la cui falesia a strapiombo sul mare e l’annessa area sovrastante sono state sottoposte una settimana fa a sequestro penale d’urgenza dagli uomini del N.I.P.A.F del Corpo Forestale dello Stato su disposizione dei Sostituti Procuratori Elsa Valeria Mignone e Antonio Negro della Procura di Lecce. La motivazione del provvedimento? Evitare la prosecuzione di eventuali lavori di consolidamento e messa in sicurezza che possano -si legge testualmente- “pregiudicare irreversibilmente lo svolgimento degli accertamenti tecnici in corso”, mentre le ipotesi di reato sono il concorso per deturpamento delle bellezze naturali, interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico e ambientale, in variazione essenziale o in totale difformità del permesso. Attualmente le persone iscritte nel Registro degli indagati sono tre: Salvatore Bleve, dirigente dei lavori pubblici del Comune di Santa Cesarea; Maria Grazia Doriana, amministratore unico della C.E.M. spa, ditta esecutrice dei lavori; Daniele Serio, direttore dei lavori.
Al centro della vicenda dunque i lavori di consolidamento e messa in sicurezza della scogliera di Porto Miggiano, partiti nel febbraio dello scorso anno e finanziati con con fondi CIPE (Fondo Sviluppo e Coesione per il Sud) per un importo complessivo di 3 milioni di euro. Lavori che, a detta dei consulenti tecnici nominati dalla Procura di Lecce (Dino Borri, ordinario del Dipartimento di architettura e urbanistica del Politecnico di Bari, e Giuseppe Roberto Tommasicchio, docente di Idraulica presso la Facoltà di Ingegneria civile dell’Università del Salento), “non sono classificate come mere opere alla difesa della falesia dall’azione del mare, poiché hanno anche l’evidente fine di creare una piattaforma per lo stazionamento di persone e cose nell’ambito balneare”. 
Sembra dunque che l’allarme lanciato da tempo dagli ambientalisti e cittadini riuniti nel Comitato per la tutela di Porto Miggiano stia oggi trovano un effettivo riscontro nei sigilli posti su un luogo che, agli occhi di chi lo conosce e lo ricorda com’era fino a qualche anno fa, appare oggi stravolto nella sua natura. Tutto ciò è difficilmente spiegabile solo con l’esigenza di mettere in sicurezza il costone roccioso indebolito dall’erosione naturale, tant’è che in questi giorni l’inchiesta sta procedendo: presso il Comune di Santa Cesarea e presso la Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici di Lecce gli uomini del Corpo Forestale hanno acquisito progetti definitivi ed esecutivi, autorizzazioni, concessioni di pareri e altri documenti. Soprattutto si vuole comprendere, una volta per tutte, se e a che livello i lavori per la costruzione delle strutture turistiche sovrastanti la cala di Porto Miggiano possano aver determinato esse stesse un indebolimento del costone roccioso.