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Acquatina di Frigole: l’Università lancia l’sos, le istituzioni rispondono

Nuove speranze per il complesso scientifico in degrado potrebbero arrivare dal prossimo tavolo istituzionale convocato dall’Ateneo salentino 

 

Un patrimonio per il territorio, un faro per la ricerca scientifica e la sperimentazione in acquacoltura nonché una boccata d’ossigeno per l’economia, questo doveva essere l’Acquatina di Frigole, lo stagno salmastro di 45 ettari per l’allevamento dei pesci. La struttura, nata e cresciuta grazie a ingentissimi finanziamenti, gestita dall’Università del Salento è ora in lenta agonia sotto l’incudine  del tempo e l’incuria delle istituzioni. Un bene importante per il territorio che rischia di diventare così l’ennesimo episodio di sperpero di denaro pubblico. 

Tuttavia, in questi giorni, grazie all’appello accorato dell’Ateneo salentino sarà finalmente oggetto di un tavolo interistituzionale allargato a Regione Puglia e Comune di Lecce, pronti a tendere la mano per salvare la struttura. La notizia rappresenta davvero una preziosa opportunità per l’Acquatina, che ricordiamo essere un sito di interesse comunitario oltre ad un complesso dotato di sofisticati sistemi di funzionamento, capaci di renderlo fiore all’occhiello dell’intera area Mediterranea. 

Il suo epilogo è frutto di concause. Il complesso nasceva per avere due anime, la ricerca e lo sviluppo economico; la prima portata avanti dall’Università, la seconda alimentata da un disegno che prevedeva un consorzio di aziende legate alla pesca e che fu affossata dalla bufera giudiziaria che travolse l’Assessorato regionale allo Sviluppo economico, motore di quel progetto. Nel frattempo nulla ha salvato la struttura da un lento declino accelerato da guasti e furti, per far fronte ai quali l’Università non ha le risorse. 

Oggi la possibilità di rimettere in moto macchinari e speranze sono date dai lavori finanziati da due Pon per 800mila euro, finalizzati a costruire l’avannotteria per la riproduzione artificiale dei pesci. Ma la chance maggiore è legata alla sinergia istituzionale, giacché come sottolinea Loredana Capone, “questo è il momento di rilanciare una opportunità che la crisi ha fatto sfumare. I privati, pure coinvolti nell’accordo di programma stabilito nel 2007 tra Università e Regione, non hanno più investito. Oggi si tratta di coinvolgerli nuovamente, tenendo conto di dover dotare la struttura anche di servizi accessori come la guardiania. E se c’è concreta prospettiva di azione nella produzione e vendita collegata alla ricerca, le attività si trovano”.

 

M. Maddalena Bitonti