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Abbattuta la speranza

Su ordine del Dipartimento di Prevenzione della Asl sono stati eliminati i capi di bestiame contaminati da diossina appartenenti alla famiglia Lanciano di Cursi

 

La crisi della diossina ha mietuto in questi giorni le sue prime vittime. Si tratta dei 73 capi che la famiglia Lanciano di Cursi ha dovuto abbattere per le contaminazioni riscontrate. Un livello troppo alto di tossine nelle carni e nel latte dei bovini ne hanno di fatto decretato la condanna a morte. Vitellini e vacche di cui alcune gravide condotte al mattatoio di Botrugno e abbattuti uno dopo l’altro per rispettare le disposizioni del Dipartimento di Prevenzione che, seppur a malincuore, non ha potuto far altro che indicare la via del macello. Una fine che ha straziato i proprietari che fino all’ultimo hanno sperato di poter rientrare dall’emergenza nonostante le esorbitanti spese alle quali erano costretti nelle scorse settimane.
Il divieto di vendita di carni e latte non ha soltanto prodotto un danno economico per i mancati introiti ma anche spese per la pulizia e il mantenimento delle bestie, nonché, almeno nella prima fase, per lo smaltimento del latte contaminato. La famiglia Lanciano, che di recente aveva costruito una nuova stalla con sala per la mungitura, lamenta un danno di oltre 400mila euro che potrebbe aumentare se dovessero venire eliminati i 225 agnelli ancora sotto osservazione, come affermato dal perito dell’azienda Francesco Vigneri: “È una stima che tiene esclusivamente conto del valore degli bovini abbattuti e degli ovini ancora da abbattere, dei mancati redditi subiti dalla data del sequestro alla data odierna, delle maggiori spese che l’azienda ha dovuto sostenere per alimentare ed accudire le bestie a causa della contaminazione dei propri foraggi ed il divieto di pascolo imposto dalle autorità; va detto, infatti, che l’azienda per tutto il periodo del sequestro e fino alla data odierna, ha perso tra maggiori spese e mancati redditi oltre 2mila euro al giorno. Il latte, munto giornalmente è stato ammassato per il trasporto e la distruzione, i vitelli e gli agnelli nati nel periodo, sono ingrassati e rimasti in azienda senza poter essere macellati e commercializzati, aggiungendo ulteriori bocche da sfamare alla già precaria situazione”.
Una situazione che rischia di mettere sul lastrico due famiglie da sempre abituate a confrontarsi con le durezze di un lavoro avaro ma onesto, tanto che non è improbabile che, almeno per i prossimi mesi, qualcuno dei Lanciano debba cercare lavoro fuori dalla propria azienda. Un’altra voce di danno non contemplata sono gli ingenti investimenti che l’azienda ha effettuato in un oramai decennale programma di miglioramento genetico del proprio allevamento come spiega il  consulente zootecnico dell’azienda, Cesario Trenta: “Il valore zootecnico degli animali abbattuti risiede nella scelte di materiale genetico di eccellenza che ha prodotto negli anni una attitudine specialistica mirata ad esaltare le produzioni di latte e carne”.
Il duro colpo subito con la conduzione del bestiame al mattatoio potrebbe essere parato soltanto con il riconoscimento da parte delle istituzioni delle ragioni di una famiglia sull’orlo del baratro o con la soddisfazione dal punto di vista legale: “Tutto è nelle mani degli avvocati -dichiara Fernando Lanciano-,  aspettiamo di sapere se c’è una giustizia che ci restituisca una fiducia morta con i nostri vitelli e le nostre mucche e che inchiodi alle proprie responsabilità chi ci ha rovinati”.