Salvatore Ruggeri, proprietario dell’impianto di Muro, spiega come i risultati delle analisi dell’Arpa non possono essere in linea con il loro processo produttivo
Dopo i controlli compiuti dall’Arpa negli scorsi giorni presso la struttura Consal di Muro, il suo proprietario, Salvatore Ruggeri (nella foto), è entrata nell’occhio del ciclone. Le analisi dell’Agenzia regionale hanno infatti riscontrato una eccessiva presenza di diossina nei fumi emessi nell’aria durante i processi di produzione. Il titolare dell’azienda non si dimostra però preoccupato e contesta gli stessi monitoraggi compiuti dall’Arpa.
Ruggeri, in un’intervista a Belpaese del 19 maggio scorso lei assicurò che l’attività della sua azienda non comportava pericoli per l’ambiente. Come giudica ora gli ultimi risultati dei test?
Innanzitutto, occorre dire che abbiamo avuto una licenza per emettere quei fumi nell’atmosfera, seguendo un particolare processo produttivo. L’Arpa ha poi compiuto i suoi controlli sul vecchio camino di abbattimento dei fumi che è stato dismesso proprio il giorno successivo a questo monitoraggio, per lasciare invece spazio al nuovo camino che sta entrando in funzione. Ad ogni modo non abbiamo mai emesso fumi tossici nell’aria, come dimostrano i precedenti test compiuti dalla stessa Arpa e dall’Inca, una società dell’Università a cui ci affidiamo per i consueti controlli semestrali. Non abbiamo quindi mai messo la nostra attività nelle condizioni di mettere a repentaglio la salubrità dell’ambiente.
Se davvero finora, come lei dice, non è stata registrata nessuna emissione nociva, come è giunta l’Arpa a questi nuovi dati? C’è il rischio che l’attività svolta negli anni precedenti possa essersi rivelata nociva?
I monitoraggi compiuti dall’Arpa non hanno seguito quello che è il nostro processo produttivo e questo ha creato in qualche modo alcuni problemi alla nostra azienda. Noi non usiamo il metodo di lavoro che invece ha usato l’Agenzia regionale in questa ultima occasione. Il vecchio camino di abbattimento dei rifiuti è quindi stato oggetto di una serie di analisi che non sono mai stati in linea con il nostro procedimento produttivo, con le nostre modalità di lavorazione dell’allumino. Inoltre, i teste effettuati dall’Arpa hanno prodotto del materiale che dovremmo buttare, sia perché non è consono alle richieste dei clienti e sia a causa dell’eccessiva quantità di ferro che contiene, che lo rende inutilizzabile per la nostra attività.
I fumi emessi derivano dalle attività dei vostri forni. A tal proposito, da dove proviene il materiale che la sua azienda utilizza nel processo di lavorazione?
L’80% della nostra fornitura è composta da materiale primario proveniente da diverse parti del mondo: Norvegia, Canada, Venezuela, Russia, Sudafrica. Il restante 20% deriva invece dai residui di altri tipi più leggeri di lavorazione dell’alluminio, come può essere ad esempio le attività di riparazione o cambio delle finestre, che poi noi usiamo in fonderia. Ad ogni modo ciò che mi preme sottolineare è che tutto il materiale che utilizziamo è composto esclusivamente di alluminio, altrimenti non potremmo mettere in atto la nostra specifica attività produttiva.
Alessandro Chizzini