Cerca

Vita dura per gli avvocati del Foro di Lecce

Non solo Cassa Forense obbligatoria: il declino della professione è causato anche dalla chiusura delle sedi periferiche dei Tribunali e dall’abolizione delle tariffe minime  

 

La situazione per chi intende svolgere l’attività legale a Lecce è resa, al momento, più complicata da una serie di problematiche che l’accorpamento delle sedi periferiche (Tricase, Nardò e Casarano) ha finito per far esplodere definitivamente. Lo sintetizza bene il manifesto che campeggia sul sito dell’Ordine degli Avvocati della provincia di Lecce, da tempo ormai sul piede di guerra per le condizioni in cui sono costretti a lavorare, come ad esempio i locali in cui si svolgono le attività di udienza e di cancelleria,  giudicati “angusti, sovraffollati e soffocanti e del tutto inadeguati rispetto al numero delle persone che contengono; molti di questi locali sono posti nel primo piano seminterrato e appaiono privi dei requisiti minimi di sicurezza”. Ma quello dell’edilizia giudiziaria è un problema successivo e che si sta cercando di risolvere per non creare disagi ai cittadini. “L’accorpamento ha provocato difficoltà, ma non insormontabili -sostiene il legale Luciano Ancora, consigliere dell’Ordine provinciale-. Anzi la dispersione in sedi periferiche non sempre creava buoni servizi”. 

Idee chiare, invece, del consigliere sui motivi che portano sempre più avvocati ad abbandonare l’Ordine: “Non dipende dalla professione in sé. Un costo fisso di 1.000-1.500 euro per la Cassa Forense obbligatoria ha un suo peso. Ma anche il boom di iscrizioni all’Università dei decenni passati con la convinzione che una laurea in Giurisprudenza fosse spendibile in tutti i settori, con il blocco delle assunzioni nel settore pubblico e la crisi nel privato, ha creato un sovraffollamento. C’è stata una corsa delle varie università ad accaparrarsi gli studenti per avere più prestigio e finanziamenti ministeriali, senza mai fare una selezione meritocratica all’ingresso né negli anni successivi e adesso ne paghiamo le conseguenze. A Maglie, ad esempio, trent’anni fa c’erano 4/5 avvocati, ora siamo 200”. 

E la crisi che vivono tutti i settori ha comportato una dilatazione a dismisura dei tempi dei pagamenti, altra barriera spesso insormontabile per chi opera nel settore: “La nostra -confessa Ancora- non è un’attività economica diversa dalle altre. Si registra un impoverimento della domanda in un tessuto sociale, già di per sé non ricco. I tempi dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione sono biblici, ma anche le grandi imprese e i grossi centri, che prima erano una garanzia di reddito, ora accumulano ritardi e poi magari chiudono l’attività. E poi l’aumento sproporzionato dei contributi unificati prima di cominciare una causa, l’abolizione delle tariffe minime con un avvocato che per presentarsi davanti a un Giudice di Pace è costretto a prendersi non più di 150-200 euro hanno fatto il resto”. 

 

Se gli avvocati piangono, gli altri liberi professionisti non ridono 

 

Nel decennio dal 2005 al 2014, fonte dati Adepp, associazione che riunisce le casse pensionistiche dei liberi professionisti, solo medici, infermieri e veterinari si sono salvati, con il loro reddito reale che in questo arco di tempo è cresciuto del 7,1%. Per il resto dei liberi professionisti, dai geometri agli architetti, dagli ingegneri agli psicologi passando per i ragionieri, si è registrata una vera e propria Caporetto. Professioni ritenute un tempo solide, oggi vengono abbattute dal colpo di mannaia della precarietà.

Emblematica la caduta libera dell’indice legato al reddito reale, calcolato al netto dell’inflazione, sceso di media del 24%. A registrare la performance peggiore proprio gli avvocati con un -35%, ma anche ingegneri, architetti e geometri pagano oltremisura una crisi edilizia senza precedenti, dal dopoguerra in poi, con un -22%. E nemmeno professioni tradizionalmente considerate esenti dalle alterne fluttuazioni dell’economia, come ragionieri e commercialisti, se la passano meglio, anche se il loro trend negativo si attesta “solo” a -14%.

I più penalizzati, ovviamente, sono i giovani laureati che si inseriscono nel mercato del lavoro, senza avere il cuscinetto di un familiare, magari un genitore, che svolge la stessa professione. Per loro fino ai 35 anni si fatica anche a racimolare i 1.500 euro al mese, paga media di un operaio specializzato. I notai, che nell’immaginario collettivo sono visti come benestanti, hanno registrato un calo nelle fatture di oltre il 50%. Pesante anche la situazione degli odontoiatri: su 46mila, negli ultimi anni, il 12% è risultato disoccupato. 

 

Alessio Quarta