Il Gip ha sostenuto l’infondatezza della notizia di reato, per cui il sindaco di Lecce avrebbe diffamato il Pd
Non c’è stata diffamazione. Questo sostiene il gip Antonio Del Coco, che in questi giorni ha archiviato l’ipotesi di querela, secondo cui Paolo Perrone avrebbe diffamato il Partito Democratico. Una vicenda che mescola politica, imprenditoria e denaro alla base della questione. Secondo il Pd, rappresentato da Salvatore Capone, Paolo Perrone avrebbe diffamano gli ex Democratici di Sinistra, a seguito della vendita dello stabile di via Torquato Tasso al n. 9, attualmente occupato dalla sede del partito di centrosinistra che, secondo alcune presunte insinuazioni del primo cittadino leccese, fu venduto a prezzo di favore dagli imprenditori edili Guagnano. Non sarebbe stato un caso giudiziario così eclatante, se il tutto non si fosse inserito in una vicenda più grande, quella di via Brenta, che ha portato in galera l’imprenditore edile Pietro Guagnano, insieme al dirigente comunale Giuseppe Naccarelli e al consulente finanziario Vincenzo Gallo, per l’ipotesi di reato di truffa ai danni del comune per il contratto di leasing relativo ai palazzi giudiziari di via Brenta. In altre parole, è stata gettata un po’ troppa benzina su una vicenda, quella di via Brenta, già di per sé molto accesa.
Alla notizia dell’archiviazione, Salvatore Capone resta della sua opinione, cioè che la diffamazione ci sia stata, insinuando un sospetto tra la gente, che avrebbe inficiato la credibilità del Pd agli occhi degli elettori. “Esprimiamo comunque la nostra contrarietà al ricorso -ha commentato Capone- nel dibattito politico, alla tecnica dell’allusione, al semplice scopo di insinuare il sospetto nell’opinione pubblica”. Le parole “incriminate” di Paolo Perrone sarebbero state: “Guarda caso, proprio nel periodo in cui l’amministrazione di Palazzo Carafa trattava prima gli affitti e poi il leasing dei due palazzi di via Brenta, l’allora partito di Antonio Rotundo comprava dai signori Guagnano, l’immobile in cui ora si trova la sede provinciale del Pd”.
Il Pd aveva pagato l’immobile, di 250 metri quadrati, al prezzo di 293mila euro, che poteva apparire una cifra iniqua. “Non avevo fatto altro che riportare agli onori della cronaca -ha commentato Paolo Perrone- una questione chiara ed evidente. Mi conforta il fatto che la magistratura intervenga per chiarire questi aspetti in tempi brevi, un fatto importante considerando che riguardano un sindaco, il quale rappresenta la comunità”. La vicenda non si concluderà certamente qui, ma si ritornerà sull’argomento, di fondamentale interesse politico. Certo è che le persone finiscono per prestare attenzione a delle vicende che coinvolgono “favori” e politica, anzi politika, per dirla con un’espressione cara a Mario Capanna, dato che da “Mani pulite” in poi, non esiste nella mentalità comune il binomio “onestà politica”. Per cui qualunque sospetto, per vero o infondato che sia ha molta presa sull’immaginario collettivo: tuttavia è compito proprio della legge, ristabilire il diritto, in un Paese come l’Italia, in cui non esiste, a differenza di altri paesi europei, una norma che gestisca la possibilità di querela per diffamazione.
(A. Leu.)