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Una storia a lieto fine per la chiesa della Madonna della Grazia

Conosciuta anche come “chiesa della Madonna degli Studenti”, lo stabile versava in stato di degrado finché non è stato recuperato grazie all’intervento di un privato 

 

In origine era una chiesetta di campagna, situata a poche centinaia di metri di distanza dalla Torre del Parco, dimora di Giovanni Antonio Orsini del Balzo, figlio di Raimondello e Maria d’Enghien, contessa di Lecce e futura (in seconde nozze con Ladislao I d’Angiò) regina di Napoli. L’epigrafe scolpita sul portale d’ingresso la fa risalire al 1705 (D.O.M. Divae Mariae gratiaru dicatum templum fidelium pietas erexit anno virginis MDCCV), ma l’iniziale edificazione dovrebbe risalire alla seconda metà del ‘400, secondo la datazione di un affresco della Vergine con Bambino collocato all’interno. E solo l’intervento di un privato (Luciano Faggiano, titolare del Museo Faggiano) l’ha salvata a secoli d’incuria e cumuli di sacchi di spazzatura che purtroppo rivelano il livello medio di inciviltà dei tempi moderni. Senza tener conto della trascuratezza della stessa Curia leccese che ormai da tempo non vedeva l’ora di liberarsene (quasi come un triste e scomodo fardello) anche per una cifra sostanzialmente irrisoria, tenuto conto dell’importanza storico-architettonica del bene. 

Storia travagliata, ma per fortuna di lieto fine per la piccola chiesa dedicata alla Madonna della Grazia di Lecce, sconosciuta ai più ed erroneamente definita “della Madonna degli Studenti” perché sita nell’omonima via, a due passi dal complesso dell’ex Ospedale “Vito Fazzi” e appunto della Torre del Parco. È molto probabile che chiesetta e Torre fossero originariamente anche collegati da un percorso sotterraneo, in considerazione di un cunicolo che si trova nella sala adiacente alla stessa chiesetta, solo parzialmente scoperto ma non esplorato dallo stesso Luciano Faggiano. 

Si tratta di un piccolo edificio a due stanze, chiesetta e sacrestia. L’ingresso originario, fino al 1702, era nella posizione opposta rispetto a quella attuale, probabilmente invertita a seguito di un restauro avvenuto verso la fine del ‘600 (testimoniato da un’epigrafe posta sopra l’affresco dell’altare), a cura di don Domenico Campanaro, che a sue spese ridonò nuova vita a questo piccolo luogo di culto già tremendamente segnato dal tempo.

 

Arcangelo De Luca