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Una Provincia col buco intorno

Antonio Gabellone, presidente della Provincia di Lecce, parla a ruota libera del deficit di bilancio reso noto in questi giorni: un ulteriore “buco” di 7 milioni di euro, che espone l’ente provinciale al rischio dissesto. Una situazione, a detta di Gabellone, ereditata dalle precedenti amministrazioni di Lorenzo Ria e Giovanni Pellegrino, e che richiede soluzioni urgenti 
 
Doccia fredda o baratro annunciato, il buco nelle casse provinciali, certificato anche dagli ispettori della Ragioneria di Stato, non fa dormire sonni tranquilli al presidente Antonio Gabellone e all’intera squadra di Palazzo dei Celestini. Nel suo ufficio di presidenza a Palazzo Adorno sono ore febbrili, fatte di incontri e contatti, con un unico obiettivo: evitare il dissesto dell’ente, rastrellando ogni centesimo in uscita e in entrata, tagliando ancora le spese e passando in rassegna i vecchi contratti, compresi i Bop, da cui la Provincia di Lecce era uscita l’anno scorso. 
Presidente Gabellone, al suo insediamento aveva denunciato una situazione economica non rosea (si parlava di un “buco” milionario). Ora vengono fuori questi 7 milioni di residui risalenti a 12 anni fa. Era dunque questo il bubbone? Com’è stato possibile accorgersene così in ritardo?
Anzitutto va ricordato che al mio insediamento il settore dei servizi economico-finanziario di Palazzo dei Celestini era del tutto privo del suo dirigente, dopo le note vicende che videro coinvolto Benvenuto Bisconti (un ammanco di diverse centinaia di migliaia di euro in seguito al quale il dirigente si dimise e andò a processo, ndr). Fu solo a gennaio 2010 che arrivò l’attuale dirigente, Pantaleo Isceri, cui da subito chiedemmo di avviare un’analisi approfondita per conoscere lo stato reale dei conti. Lui lo ha fatto, restituendo alla Provincia la credibilità nei bilanci. 
Da qui la brutta sorpresa resa nota in questi giorni. 
Sì, si può dire che sinora noi ci siamo basati su bilanci che credevamo veritieri, ma che in realtà non lo erano affatto. Non parlo di bilanci falsi, cioè redatti in cattiva fede, ma di bilanci che di fatto facevano affidamento su entrate che non ci saranno mai. 
Ci spieghi meglio cosa è accaduto. 
È accaduto che dopo un fittissimo confronto tra i dirigenti e i funzionari, lo scorso 7 giugno il Ministero dell’Interno ha trasmesso una nota in cui si certifica “l’insussistenza dei residui attivi da trasferimenti erariali pari a 7 milioni di euro”. Si tratta un residuo di 7 milioni che riguarda gli anni 1999, 2000 e 2001. Una cifra da capogiro: per Palazzo dei Celestini, che chiudeva con un disavanzo di quasi 6 milioni di euro, si tratta di una vera e propria ghigliottina. 
Come è stato possibile arrivare a 7 milioni? 
Dal 1999, per effetto dei minori trasferimenti statali, venne consentito agli enti di rifarsi con i proventi dell’Rc auto. Per questo la Provincia indicò 4 milioni di rimborso per l’anno 1999 e altre 3 per il 2000. Si tratta di somme inizialmente rimaste incastrate nelle maglie dell’erogazione ma che  nel 2001 erano state versate nelle casse della Provincia. Invece di cancellare il credito dal bilancio 2002, Palazzo dei Celestini l’ha però inserito daccapo, creando un enorme malinteso durato in tutti questi anni. 
Ma quel denaro, di fatto, era rientrato. Che fine ha fatto?
Una volta erogato quel denaro è finito nel calderone generale delle entrate e invece di coprire le falle relative agli anni precedenti, è diventato liquidità. 
C’è chi dice che lei intenda scaricare la colpa dei debiti sulle amministrazioni di centrosinistra, quando in realtà il problema potrebbe essere dovuto anche ad errori ministeriali.
Gli anni a cui si riferiscono i residui attivi rientrano nel mandato di Lorenzo Ria, che è stato presidente dal 1995 al 2004; di chi siano stati gli errori resta da stabilire, ma il Ministero oggi dice chiaramente che quei soldi sono arrivati a Lecce da molto tempo. Oggi non mi interessa rintracciare le responsabilità di quell’errore. Quello che però salta agli occhi è che al nostro arrivo avevamo ragione, sostenendo che le passate amministrazioni di centrosinistra avevano lavorato male, minando il futuro dell’ente provinciale. 
Non le sembra un giudizio un po’ duro? Alla fine sembrerebbe essersi trattato di un errore contabile, non certo di una scelta politica. 
Guardi, il buco c’era e ci risulta che quelle somme siano state richieste al Ministero anche dai precedenti governi. Del fatto che il denaro fosse tornato nelle casse provinciali invece non si trova traccia nei bilanci. Le alternative a questo punto sono due: o nel passato si è agito in malafede, cercando di coprire una situazione scottante. Oppure si è trattato di imperizia, di incapacità amministrativa. Il risultato però non cambia. E nemmeno gli atteggiamenti sono cambiati nei 15 anni di amministrazione di centrosinistra, basta ricordare che nel 2008/2009, il governo Pellegrino spendeva 104 milioni di euro e ne incassava 96.
Il bilancio di Palazzo dei Celestini va approvato entro il 30 giugno e dovrà essere praticamente riscritto. Che succederà adesso? 
Ora la lotta è contro il tempo. Ho chiesto alla mia squadra uno sforzo per trovare una soluzione, tenteremo qualsiasi strada si dimostri percorribile ed efficace. In questa condizione, purtroppo, non si può sperare in alcun intervento straordinario perché vengono concessi solo agli enti in dissesto e noi questo vogliamo evitarlo. Quindi, bisognerà pensare a qualcos’altro. 
Esiste il rischio “default”, cioè che la Provincia non possa tenere fede ai propri impegni con le aziende e con i dipendenti? 
Esiste un serio rischio che ad un certo punto venga a mancare la liquidità, ma la Provincia non intende venire meno ai propri impegni, figuriamoci se a fare le spese della situazione potrà essere il personale. 
La soluzione sarà tirare ancora la cinghia? Auto, telefoni, affitti erano già stati abbondantemente sforbiciati l’anno scorso. 
La task force formata da politici e tecnici sta già affrontando il problema. Al lavoro ci sono l’assessore al Bilancio, Silvano Macculi, la direzione dell’ente, la segreteria e gli uffici finanziari. Occorre stabilire se esistono margini per ulteriori tagli ma a mio avviso è impensabile tagliare più di quello che avevamo già fatto. Utenze, consumi, affitti, spostamenti. Anche in ambito culturale abbiamo mantenuto in piedi solo quello che vede la Provincia protagonista. Restano enti importanti come la Stp, su cui è in pieni un progetto di risanamento, poi c’è la Stagione Lirica. Ma si tratta di realtà che non sono solo servizi dell’ente, quanto piuttosto aziende che danno lavoro a un territorio che ne ha bisogno. Per questo stiamo cercando modi per recuperare liquidità. Un esempio è il vecchio contratto dei Bop: quando venne sottoscritto da Palazzo dei Celestini quel contratto non era vantaggioso per l’ente, ma al mio insediamento e dopo un’attenta analisi dei tecnici ne uscimmo, ora stiamo cercando di capire se si possa recuperare qualcosa. Idem dai vecchi contratti con l’Enel. Un lavoro certosino, per altro in lotta contro il tempo perché la liquidità è linfa vitale per l’ente.
Cosa succede quando la liquidità non c’è? 
Si è costretti a fare anticipi di cassa, a chiedere agli istituti di credito di anticipare il denaro, aumentando le uscite. In più, qualora l’ente non fosse in grado di pagare i fornitori, diventando insolvente, andrebbe dritto al dissesto. 
C’è sempre però il patrimonio immobiliare. Lo sosteneva anche Giovanni Pellegrino.
Già lo scorso anno abbiamo inserito in bilancio gli oltre 10 milioni in arrivo dalla possibile alienazione dei beni immobiliari dell’ente. Si tratta di una serie di immobili di enorme valore che potrebbero risolvere il problema, è vero, ma va anche ricordato che lo scorso anno abbiamo provato due volte a vendere la masseria “La Badessa”. La verità è che questi beni (Cerrate, la sede della Questura, il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, il complesso dei Cassinesi) sono difficili da piazzare sul mercato, alcuni per l’esistenza di vincoli della Soprintendenza, come nel caso dei Cassinesi che pur essendo appetibile non si può vendere in maniera frazionata, altri perché nel tempo rimasti abbandonati a se stessi. Ovviamente noi cercheremo una via d’uscita, ma è chiaro che lavorare in emergenza vede del tutto frustrato il ruolo politico. 
 
Alessandra Lupo