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Una ferita ancora aperta

A poco più di un anno dal tragico crollo in piazza Dante a Castro Marina, la recente rimozione delle macerie ha permesso di effettuare le dovute perizie per accertare cause ed eventuali responsabilità dell’accaduto. In particolare, gli attrezzi rinvenuti in uno dei locali commerciali al piano terra fa supporre che all’interno fossero in corso dei lavori edili. 

Si attende dunque l’esito delle indagini. Intanto i commercianti avvertono: “La situazione per noi è ancora difficile” 
 
Sono trascorsi un anno e quattro mesi dal grave disastro edilizio che ha sfigurato piazza Dante, luogo simbolo e senz’altro fra i più suggestivi di Castro, la cui antica bellezza, purtroppo, è ormai possibile ammirare soltanto in qualche vecchia cartolina o fotografia delle vacanze. Era il 31 gennaio 2009 e il cuore della “Perla del Salento” d’un tratto smetteva di pulsare, in un sabato pomeriggio d’inverno apparentemente uguale a tutti gli altri, ma dietro il quale si celava, invece, il pericolo della catastrofe imminente. Sono bastati pochi attimi perché l’intero complesso edilizio composto da una serie di abitazioni poste su tre piani e prospicienti la piazza si sgretolasse sotto lo sguardo incredulo e insieme atterrito dei passanti e dei proprietari degli esercizi commerciali ubicati al piano terra, scampati per miracolo a quella che altrimenti si sarebbe trasformata in una vera e propria tragedia. 
Nessun morto e nessun ferito, per fortuna. Tuttavia, all’indomani del crollo, il bilancio dell’accaduto si rivelava comunque grave. Dei locali commerciali al piano terra e delle caratteristiche residenze estive al secondo e al terzo piano rimaneva soltanto un enorme cumulo di macerie, per un totale di 22 immobili crollati. Senza contare, inoltre, le prevedibili ripercussioni negative di un simile evento sull’economia del rinomato centro turistico salentino.
Nell’area interessata dal crollo, subito sottoposta a sequestro, si è cominciato presto a indagare sulle possibili cause del disastro. Che cosa c’era stato alla base del cedimento strutturale degli edifici incastonati nella roccia? Forse alcune infiltrazioni d’acqua dovute alle mareggiate e alle insistenti piogge di quel periodo? Oppure le grotte centenarie scavate nella parte bassa della roccia, in corrispondenza delle quali l’appoggio della struttura edilizia si faceva poco sicuro? O forse ancora la realizzazione di scavi di ampliamento, all’interno degli immobili crollati? Dopo i primi sopralluoghi effettuati sulla zona da tecnici ed esperti, il sostituto procuratore Maria Consolata Moschettini, titolare dell’inchiesta, aprì un fascicolo contro ignoti nel quale ipotizzava il reato di crollo colposo.
Questa, per sommi capi, la cronaca di quel drammatico pomeriggio di gennaio e dei giorni ad esso immediatamente a seguire. Fino a giungere alle notizie dei giorni nostri: il “Consorzio di recupero”, costituito dai 22 proprietari degli edifici andati in rovina e presieduto da Marcello Vernola, ha dato incarico a una ditta specializzata di provvedere alla messa in sicurezza dell’area interessata dal crollo, per poi procedere al recupero e al consolidamento degli immobili. I lavori si sono svolti nelle prime settimane di questo mese e hanno portato alla rimozione delle macerie che giacevano sul piazzale. In particolare, è stato finalmente possibile rimuovere il grosso masso di roccia calcarea che ostruiva l’ingresso di uno dei locali commerciali crollati situato al piano terra, permettendo di effettuare le dovute perizie al suo interno. In esso sono state rinvenute diverse attrezzature edili: puntelli, cazzuole, travi prefabbricate in calcestruzzo armato, trapani, martelli pneumatici e utensili di vario genere. Evidentemente, prima che si verificasse la tragedia, erano lì in atto dei lavori in corso. Di che tipo, se di manutenzione o di altra natura, dovranno stabilirlo gli inquirenti, che intanto hanno posto sotto sequestro tutto il materiale ritrovato. Inoltre, sono state attentamente esaminate le lesioni e le crepe presenti sui resti pericolanti di alcune abitazioni colpite dal crollo, allo scopo di reperire ulteriori elementi utili alle indagini.
Alle operazioni hanno assistito il giudice Giuseppe Capoccia, subentrato a capo dell’inchiesta a Maria Consolata Moschettini, e i consulenti tecnici nominati dalla Procura di Lecce: il professor Amedeo Vitone, il geologo Carlo Vigiani e l’ingegnere Fabrizio Palmisano. Presenti anche i carabinieri della Stazione di Spongano, responsabili dell’ordinanza di sequestro della zona, i vigili del fuoco del Comando provinciale e i tecnici del “Consorzio di Recupero”. Ci si aspetta ora che la relazione finale dei consulenti della Procura chiarisca in via definitiva la questione inerente le cause e le eventuali responsabilità del crollo, per dare inizio alla fase di ricostruzione degli stabili crollati.
 
Mariapia Garrapa