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Uno sfregio fatto con energia

La corsa alle fonti alternative di energia spesso vìola la natura e ne deturpa la bellezza, scontrandosi talvolta con le storie e le leggende dei luoghi. Come nel caso dell’impianto eolico che dovrebbe sorgere sulla “Collina dei Fanciulli e delle Ninfe” di Giuggianello, che rischia di cancellare il fascino e l’identità di un luogo mistico e mitico al tempo stesso 

 
“In principio era un luogo magico, suggestivo, a portata di miti e leggende. Poi venne il progresso e l’intera zona cadde in un profondo incubo, dominata da giganti di ferro e di acciaio che imponenti vegliarono per anni sul territorio cancellando quanto per secoli romanticamente si era raccontato”. Potrebbe cominciare così la postuma scrittura di una storia intessuta intorno alla “Collina dei Fanciulli e delle Ninfe”, oggi per la verità sempre più la “Collina delle Pale e dell’Eolico”.
Dapprima luogo mitico e mistico, di rilevanza antropologica ed archeologica, questo lembo di terra salentina è oggi alla mercé dell’ “alternativa” e del progresso, adocchiato perché qui si possa realizzare un mega parco eolico che sconvolgerà non solo il prospetto che si gode da e per la collina, ma anche e soprattutto le peculiarità identitarie del luogo. 
Un luogo magico, caratterizzato da segni tangibili di culture rupestri e ataviche funzioni di rito greco prima, bizantino e cristiano poi. Un luogo che dalla cripta di San Giovanni apre via via ad un paesaggio ricco di vegetazione tipica, muretti a secco, trulli, monumenti megalitici che da Giurdignano portano a Minervino, terra ricca di dolmen  e menhir, quindi sulla Serra di Poggiardo, passando dal santuario mariano di Montevergine a Palmariggi fino ad approdare al caratteristico paesaggio turistico dell’orientale Otranto. È qui che una ventina di pale eoliche potrebbero essere impiantate, undici delle quali già da subito stante la recente sentenza del Consiglio di Stato che ha “sovvertito” gli effetti di una precedente delibera del Tar leccese cui si era appellata Italia Nostra.
Negli ultimi mesi si è alzata forte la voce del dissenso, il grido di protesta delle associazioni ambientaliste e per la tutela del territorio, e la questione ha finito anche per interessare le sale romane del governo per le interrogazioni parlamentari presentate in diversi tempi da alcuni parlamentari (si badi, non salentini). La “battaglia” di cui portabandiera si è fatta Italia Nostra sottolinea, ad esempio e al di là delle problematiche legate all’impatto visivo, come il sito sia frequentato da rare e protette specie di cicogne bianche che avrebbero nidificato proprio nell’altopiano di San Basilio, nel territorio di Minervino (le torri eoliche hanno un riconosciuto e documentato gravissimo impatto sui volatili) e come il disturbo acustico generato dalle pale e possibili incidenti di rottura meccanica delle torri in esercizio possano procurare rischio all’incolumità delle persone. 
Ma il paradosso dei paradossi (il che rende formalmente percorribile il percorso che porta all’intervento progettuale) è che l’intera area è sprovvista di vincolo archeologico e paesaggistico. L’onorevole Elisabetta Zamparutti, esponente del movimento dei Radicali nel gruppo del Pd, ha interrogato il ministro per i Beni e le attività culturali chiedendo se non si “ritenga opportuno accelerare le procedure di vincolo archeologico e paesaggistico dell’intera Serra di Palmariggi-Giuggianello-Minervino, a fronte delle indiscusse e riconosciute ricchezze culturali e considerato che tale area risulta oggetto di importanti e recenti studi delle università pugliesi, di ricerche del presente e del passato e, infine, di numerosi documentari e set di film a distribuzione nazionale ed internazionale”. 
 
Daniele Greco